Eremo 1Domenica scorsa, nel pomeriggio, ci siamo recati all’eremo di Monte Corona vicino a Umbertide (PG) per fare visita ai monaci della Famiglia monastica di Betlemme, dell’Assunzione della Vergine Maria e di S. Bruno in occasione della inaugurazione dei lavori di restauro del complesso, simile a quello di Camaldoli in Toscana. Abbiamo assistito a quello che è stato definito la «risurrezione dell’eremo di Monte Corona» dopo i lunghi decenni di abbandono, di saccheggio e di decadenza fino al punto di essere ridotto negli anni ’70 a un cumulo di macerie circondate da sterpaglie da ogni parte.

L’abbazia di San Salvatore che è situata nella valle del Tevere, ai piedi del monte Acuto, è stata fondata, nel 1008, da san Romualdo che vi realizzò all’inizio un semplice eremo che poi divenne un complesso abbaziale. Successivamente, nel 1528, sulla sommità del monte (705 s.l.m.) i monaci costruirono l’eremo di Monte Corona per favorire la vita di coloro che sceglievano di condurre una vita nel silenzio e nella solitudine. Tuttavia la vita nell’abbazia fu intensamente legata a quella che si svolgeva all’eremo. Erano due centri che tra loro si integravano, l’eremo era il fulcro della vita spirituale e l’abbazia la sede più importante delle attività economiche.

Attualmente vi si arriva, fra secolari boschi di rovere, faggi e castagni fino a raggiungere la cima del monte da dove si ha una vista mozzafiato. L’eremo è formato da un complesso di edifici, con 16 cellette, in cui i camaldolesi abitavano e pregavano, e da una chiesa baroccheggiante consacrata nel 1755. A partire dal 1990 vi risiedono i monaci di Betlemme che applicano la regola stretta della clausura e forse la loro vita non è così diversa da quella degli antichi eremiti. Per l’occasione, in via eccezionale, la clausura è stata aperta a tutti, uomini e donne, perché potessero assistere al miracolo della rinascita dell’eremo e anche per far conoscere la vita che oggi vi conducono i monaci.

Eremo 3Espulsi nel 1810, al momento della soppressione napoleonica, gli eremiti di san Romualdo vi tornarono fino al 1861, anno della soppressione degli enti ecclesiastici, quando l’eremo venne abbandonato. Divenuto una proprietà laica, costituì un sicuro rifugio nei periodi di guerra. Poi attraversò un periodo di totale abbandono intorno agli anni ’70. Nel 1981 quattro monache della suddetta Famiglia monastica giunsero in questo luogo, fortemente provato e documentato da un servizio fotografico, e con energia, gioia e preghiere, cominciarono l’opera di ristrutturazione. Nove anni dopo le monache fondarono un nuovo monastero nei pressi di Mocaiana (fraz. Di Gubbio), lasciando l’eremo al ramo maschile dello stesso Ordine.

Favoriti dai legami di amicizia e collaborazione tra la nostra fraternità e i monaci di Betlemme, sia qui in Umbria come in Terra Santa (in modo particolare con la comunità che risiede a Laura Netofa), siamo stati accolti calorosamente dai monaci, e il priore in persona si è messo a nostra disposizione per farci da guida. È stata una visita guidata stupenda, fatta in semplicità ma con la passione di un vero uomo di Dio. Abbiamo visitato tutti gli angoli, compresa la cella di un giovane monaco artigiano che si occupa di creare oggetti in ceramica sviluppando ogni volta la propria creatività. Solo ora capisco un po’ meglio l’espressione “avere una pazienza da certosino”! E di fatto, i monaci di Betlemme, seguendo la millenaria tradizione monastica, hanno sviluppato una ricca gamma di artigianato che abbiamo potuto apprezzare al termine della visita.

Come è successo all’Abbazia del Goleto e all’Abbazia di Sassovivo, che dopo lunghi anni di abbandono hanno visto la luce della risurrezione, ora l’eremo di Monte Corona splende di luce e di preghiera. Ma la differenza la fa l’uomo: una sola pietra viva è capace di far risorgere gli antichi monaci sepolti e far vibrare le pietre millenarie per unirsi alla lode di Dio e intonare nella notte di pasqua l’Exultet, il canto che annuncia la Risurrezione, la vittoria della vita sulla morte.

fratel Oswaldo jc

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