Con la Quaresima abbiamo ripreso l’annuale pellegrinaggio tra le famiglie delle nostre parrocchie per la benedizione.

Come tutte le attività e le proposte parrocchiali anche in questo caso vengono tanti dubbi: la gente forse lo vive come un gesto quasi magico o superstizioso, è un passaggio troppo veloce e superficiale per lasciare una traccia reale, ormai i praticanti sono una bassissima percentuale e agli altri non interessa niente per cui non vale la pena fare questa cosa.

Tante sono le obiezioni e anche profonde e intelligenti. Obiezioni che del resto potrebbero estendersi anche ad altre attività come quelle della catechesi per i Sacramenti.

Ma aldilà delle obiezioni resta vero che esiste un barlume di attesa da parte della gente verso questa visita del prete che porta la benedizione del Signore e che per noi è un’occasione nella quale quasi tutte le porte si aprono. Non può essere un’occasione profonda, però può essere un momento di conoscenza e può dare lo spunto per incontri successivi.

Tante volte le nostre riflessioni pastorali passano un po’ troppo sopra la testa dei nostri parrocchiani e perdiamo le occasioni più semplici di incontro come questa. Senza scandalizzarci di niente e di nessuno dobbiamo approfittare di questi momenti.

Un santo prete romano che è stato parroco per quarant’anni in una borgata diceva sempre che la frase del Vangelo che un parroco dovrebbe tenere più da conto è: «non spegnete il lucignolo fumigante». Tante volte il nostro filosofare sulla pastorale invece rischia di spegnere quel po’ di brace rimasta.

Lo dico ormai a posteriori, dopo vari anni di benedizione delle famiglie, che sono incontri sempre stupendi, attesi e che ti danno l’opportunità di farti accogliere nelle case per poi magari approfondire i rapporti in altri momenti.

Trovi la persona malata che poi andrai a visitare, conosci una coppia che convive e desidera sposarsi in chiesa, trovi il bambino che non vuole più venire a catechismo, trovi quello arrabbiato col papa e quello che ce l’ha col parroco, ti ricordi che avevi promesso di andare a trovare una persona e non l’hai più fatto…insomma una vasta gamma di esperienze si condensano in questa visita.

Senza contare le risate che ti fai con i bambini che t’accompagnano e con le persone che incontri…chi ti chiama col nome della parrocchia anziché col tuo, chi ti dice che frequenta la tale chiesa che sai essere chiusa dal terremoto del 1997, il testimone di Geova che ti assale dicendoti che non crede a queste superstizioni e ci rimane male che gli dici solo grazie e arrivederci, quello che ti spia dall’occhiolino e fa finta di non essere in casa, quello che finge di non sapere della benedizione (ma se lo fa il quinto anno consecutivo ti fa dubitare un po’).

Insomma, se anche avesse ragione il pastoralista nel dire che non servono a niente, per noi piccoli fratelli restano una simpatica occasione…ma non è stato così anche per Gesù con la samaritana, con Zaccheo e con tanti altri «poco praticanti»?

fratel Gabriele