Dopo un lunga sosta sulle sponde del lago di Galilea riprendiamo il nostro cammino. Nel programma, e secondo logica, avremmo voluto imboccare la strada che conduce a Zefat, la città sul monte (Mt 5,14) per proseguire poi lungo le valli e tra i monti dell’alta Galilea per giungere poi ad Akko, la famosa san Giovanni d’Acri dei crociati, sul Mediterraneo. Problemi tecnici momentaneamente ce lo impediscono. Intanto ripartiamo da Nazaret e dintorni.

Poi con una inversione a “U” raggiungeremo Zefat.



Ci sono varie possibilità di approccio ai luoghi dove Gesù si è incarnato e ha vissuto circa trent’anni. Ecco quella che preferiamo.

Giungendo a Nazaret da Tel Aviv, si incontra subito il monte del precipizio. È facile ora portarsi sulla cima. Lassù, guardando verso sud, si ha una panoramica straordinaria sulla valle di Esdrelon (o Izreel = Dio semina) la più fertile e grande di Israele. Volgendosi invece verso nord si abbraccia, con un solo sguardo, tutta la città: Nasirat araba e Nazarat Illit ebraica, che oggi complessivamente supera i 120000 abitanti ed è la quarta città di Israele.

Sul monte del precipizio ci si viene per entrare nella storia incredibilmente lunga e straordinaria di Nazaret. E per capire. Tutti dicono che di essa non si parla nell’antichità. È vero. Eppure non era senza vita. Difatti circa mezzo secolo fa, dentro la grande caverna che si vede sul costone ovest di questo picco, fu trovato colui che viene chiamato l’Uomo di Galilea, che è stato giudicato coevo dell’uomo di Neanderthal. Il che sta a significare che questa è stata sempre terra ospitale.

Gli sconosciuti che si sono qui succeduti furono spettatori di molti fatti narrati nei libri storici della bibbia e che si svolsero nella valle sottostante (Giudici 4,1ss; 7,1ss; 1Sam 31,1ss; 1Re 18,1ss; 2Re 4,8-37; 23,38-39).

Gli scavi fatti nella zona del villaggio hanno poi confermato questa presenza umana continua, fino a quando giunge la testimonianza scritta su Gesù e il suo tempo.

Lasciamo ora il monte del precipizio, così chiamato perché la tradizione dice cha da quassù i nazaretani infuriati volevano gettare Gesù, dopo il famoso discorso nella loro sinagoga (Lc 4,16-30). Con circa mezz’ora di cammino raggiungiamo il nucleo della Nazaret storica, che è davvero piccola cosa. L’enorme espansione della Nazaret araba odierna ha avuto i suoi inizi a seguito della guerra arabo israeliana del 1948, quando qui si riversarono molti profughi dai villaggi della Galilea distrutti dall’esercito israeliano e poi occupati.

 

La basilica dell’annunciazione

La prima tappa non può essere che questa, per scendere subito alla Grotta, il luogo dove è avvenuto l’evento indescrivibile dell’incontro tra Dio e l’Uomo nella persona di Gesù, l’incarnazione del Figlio di Dio. Grazie al sì di Maria e a quello non meno coraggioso di Giuseppe suo fidanzato.

Se il nostro arrivo coincide con un momento di calma nella vasta cripta ci si può sedere sui gradini davanti a ciò che oggi resta dell’abitazione di Maria, che era parte in muratura e parte cavità naturale, secondo l’usanza del luogo, ricco di grotte tufacee.

Se alla assenza di celebrazioni e di folti gruppi che passano, si unisce una situazione di pace interiore, che ti libera dai soliti mille pensieri, allora qui davanti puoi sperimentare sensazioni mai provate, quasi un affacciarsi sul mistero e poi sentire che le distanze si accorciano. Che Lui era, è qui. Ma che anche tu sei qui. Cioè coinvolto nella stessa storia. E nasce il silenzio della contemplazione povera, amorosa. E il percepire che è per il fatto di essere vissuto qui che l’Evangelo è così semplice, avvolgente e liberante.

Quando ci si alza per iniziare la visita della basilica si prova fatica a guardare intorno: il cuore, la testa sono là, in quel vano davanti a cui passano un numero incalcolabile di pellegrini che spesso domandano: è proprio questo il luogo dell’Annunciazione?

C’è stato un periodo in cui anche gli studiosi di temi biblici si erano posti la stessa domanda. Fu per rispondere a questa domanda che gli archeologi francescani, con a capo il grande padre Bellarmino Bagatti, chiesero ed ottennero di far demolire la chiesa del 1730 per poter eseguire scavi intorno all’area della Grotta. Scavi che si protrassero dal 1955 al 1960. I risultati andarono al di là di ogni più rosea previsione.

Tornarono alla luce parti della cattedrale crociata, che, nella sua grandiosità. Incorporava la grotta dell’incarnazione, quella adiacente del martire Conone, della parentela di Gesù, con i suoi mosaici e le sue decorazioni, e l’armoniosa chiesa bizantina ricca di mosaici, che stava di fronte alla grotta.

Quando i resti di queste varie costruzioni apparvero in tutta la loro bellezza e valore ci fu la magnifica sorpresa di scoprire che, sotto i mosaici del pavimento, esisteva in precedenza la chiesa sinagoga con il suo battistero. I resti di questa prima chiesa erano stati riempiti di tanti reperti usati come materiale di riporto. Alla base di un tronco di colonna fu trovato un graffito ben conservato con l’invocazione “Xe Maρia” (Ave Maria).

Questa iscrizione, testimonianza eccezionale, insieme ad altre ancora e a tutti i ritrovamenti parlavano del culto ininterrotto, dai primordi fino ai nostri giorni, presso il luogo ritenuto la casa di Maria.

Ora, quanto è stato riportato alla luce è visibile davanti alla grotta, nella cripta o chiesa inferiore, dove ci troviamo. Quello che qui manca è nel vicino museo.

L’attuale basilica fu costruita negli anni 1960-69 ed è opera dell’architetto Giovanni Muzio. Essa occupa lo stesso spazio della cattedrale crociata. È arricchita di opere di artisti di ogni parte del mondo.

Salendo nella chiesa superiore ciò che attira subito lo sguardo è il mosaico di Salvatore Fiume, che occupa tutta la parete dell’abside e prende l’ispirazione dal Concilio Vaticano II in corso, e presenta la Chiesa gloriosa e pellegrinante che si stringono attorno a Cristo e a Pietro, roccioso come non mai, sotto lo sguardo accogliente di Maria. Tutte le pareti laterali sono arricchite da immagini di Maria patrona dei vari popoli. La navata, in prossimità del presbiterio, ha un grande occhio sulla grotta. A tutto fa corona la cupola alta 40 metri a forma di giglio rovesciato, simbolo della città.

Uscendo dalla basilica si va sul piazzale dov’è il battistero ottagonale. Sotto il piazzale è visibile la zona archeologica riguardante parte del  villaggio e il museo. (Continua…)

fratel Alvaro