Barba lunga, sguardo sereno, un che di fr. Charles nel suo animo. Sono entrato in cappella dopo un pomeriggio passato a Sefforis con i miei ragazzi e vedo assorto nel clima della preghiera di adorazione, questo uomo dai tratti molto caratteristici. Mi domando chi sia e provo ad indovinarne la provenienza. Un Ricostruttore nella preghiera? Un monaco? Un semplice pellegrino?
Dopo la preghiera del vespro recitata insieme scopro che si tratta di un prete, Luc, che viene dalla Francia, a piedi, diretto a Gerusalemme, ma ancor più nella nostra città di Nazaret. La sua storia potrebbe essere quella di tanti pellegrini che passano di qui, che iniziano a camminare e non si fermano più. Ma la sua ci va di condividerla perché ci pare particolarmente interessante.
Prima di diventare prete ha trascorso cinque anni della sua gioventù come sottufficiale dell’esercito francese, nella sezione degli alpini, gli ultimi otto mesi trascorsi tra i caschi blu ai confini del sud del Libano. Aveva tentato di entrare a Saint-Cyr (scuola per ufficiali frequentata a suo tempo da fr. Charles), ma, a detta di lui, per la sua poca applicazione il concorso non andò nel migliore dei modi. Da buon francese-militare conosceva già Charles de Foucauld e di lui iniziò ad amare la grande sete di avventura che anche’egli conservava nel cuore da quando era bambino.
Da piccolo aveva giurato alla nonna che avrebbe abbandonato la chiesa perché era “roba per bambini e per anziani”, ma l’esempio di alcuni superiori militari e la compagnia di alcuni altri personaggi della storia della chiesa lo avevano convinto a riprendere il cammino spirituale.
Un giorno di novembre del 1988 è passato di qui, da Nazaret, e più precisamente al convento delle clarisse dove sentì parlare di Charles de Foucauld. Lì fu costretto ad ascoltare quella voce che da qualche tempo si portava dentro: la “tentazione” di diventare prete. Proprio quel giorno, uscito da quell’incontro, iniziò a scrivere la lettera al suo vescovo, che non conosceva, per chiedergli di poter intraprendere il cammino di studi verso il sacerdozio.
Una persona davvero semplice e squisita, di una fede profonda e capace di stupirsi delle cose più umane. Come tenere in braccio un neonato di un giorno, di fronte al quale si sgonfiano i problemi che gli adulti si fanno, soprattutto riguardo alle relazioni.
Una fede profonda testimoniata pure dal suo viaggio: in cammino da agosto dell’anno scorso per arrivare proprio a Nazaret, la culla della sua vocazione, e per rimettere al centro Gesù, che la vita (anche di un prete) spesso porta a mettere in un canto. E dentro questo viaggio la sua testimonianza di accoglienza (ricevuta) particolarmente calorosa e sentita proprio in quei paesi ora toccati da violenza e scontri, e proprio da persone di fede diversa. Del suo viaggio raccontiamo soltanto che uno degli argomenti più caldi del suo colloquiare con amici mussulmani era il celibato: inconcepibile per loro. Ma proprio questo aprirsi alla diversità lo ha portato a sceglierlo con più forza e ad amarlo di più. Ci ha colpito pure la lettura precisa della situazione dei cristiani del medio oriente che ha potuto conoscere lungo la sua strada. In crisi di identità e diffidenti (non senza ragione e non senza un fondamento storico) del loro vicino di casa mussulmano. Come non condividere poi il suo itinerario di riflessione che si snodava nel silenzio delle sue dieci ore di marcia quotidiane, o il suo essersi perso nel deserto impiegando un giorno e mezzo in più a ritrovare il cammino? In quel caso la sua esperienza militare è stata di vitale importanza…
Una serata piacevole e molto interessante dunque all’insegna di una semplice condivisione. Sembrava di esserci ritrovati con un vecchio amico e fratello che ci aggiornava sulla sua vita. Un po’ come se fr. Charles fosse venuto a farci visita di persona. Ci ha lasciato con un augurio tutto particolare che riportiamo quasi tra virgolette: non vi auguro di fare molti chilometri, ma di compiere un lungo cammino. E detto da lui, è davvero un bell’augurio.
fratel Marco