Qualche sera fa c’è stato in parrocchia l’incontro con i giovani…era da un po’ che non ci si vedeva. Che fare? Il giorno prima era San Filippo Neri, uno che con i giovani c’ha saputo fare…che avrebbe preparato se fosse stato al posto mio?
Poi m’è venuta in mente la provocante dedica di don Lorenzo Milani in “Esperienze pastorali”:
“Questo lavoro è dedicato ai Missionari Cinesi del Vicariato Apostolico d’Etruria, perché contemplando i ruderi del nostro campanile e domandandosi il perché della pesante mano di Dio su di noi, abbiano dalla nostra stessa confessione esauriente risposta.”.
Ho subito fotocopiato la lettera dall’oltretomba che conclude lo stesso libro e ho deciso che ne farò lo sfondo dell’incontro:
“Non abbiamo odiato i poveri come la storia dirà di noi. Abbiamo solo dormito.”.
Il libro è del 1958, ma la dedica e la lettera finale sembrano scritte oggi!
Sarà che la Messa di Prima Comunione mi deprime un po’ con le contraddizioni che devi ingoiare, sarà che le notizie di politica ti buttano veramente giù, sarà che la pace tarda ad arrivare e c’è qualcuno che ha il coraggio di dire che “si apre lo spiraglio per una soluzione pacifica in Libia” (cosa hanno di pacifico due mesi di bombardamenti devo capirlo meglio però), sarà che alcuni giorni fa c’è stata una sparatoria poco lontano dalla parrocchia e il commento di un ragazzo del gruppo è stato: “l’importante è che s’ammazzino tra loro e non tocchino noi”…sommando tutto credo proprio che dovremmo svegliarci un po’.
Poi ho pensato che don Lorenzo non è stato il primo a lanciare l’allarme: “è ormai tempo si svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce” (Rm 13,11-12). San Paolo già duemila anni prima ci aveva avvisati e mostrato cosa vuol dire svegliarsi: anzitutto sapere che la salvezza è vicina, poi indossare le armi della luce.
Svegliarsi è anzitutto sperare! Sapere che dopo la notte sorge il sole. E in forza della speranza si trova il coraggio di indossare l’equipaggiamento adatto: le armi della luce.
Sono d’accordo! La speranza ci manca…tutti siamo solo buoni a dire che prima era meglio, che i giovani di oggi non sono come una volta, che ormai la storia è al declino. Don Lorenzo vedeva invece un futuro nuovo e scriveva ai futuri missionari cinesi, San Paolo vedeva ancora più oltre con una Speranza più maiuscola.
Volendo si può andare ancora più indietro nel tempo e risentire lo stesso appello: “Svegliati, svegliati, rivestiti della tua magnificenza, Sion; indossa le vesti più belle, Gerusalemme, città santa” (Is 52,1). Il profeta Isaia cercava di risvegliare alla Speranza il suo popolo in esilio e di annunciargli che la Gerusalemme martoriata si vestirà di abiti nuziali…e poi l’appello continua con la conversione dei costumi.
Per svegliarci occorre una flebo di Speranza che poi ci darà modo di vivere con opere all’altezza di quello che speriamo.
fratel Gabriele