É un dono prezioso quello di poter tornare a Betlemme e visitare i luoghi dove Gesù è nato per noi, dove si è fatto neonato, piccolo, per farsi accogliere ed abbracciare dagli uomini, Lui che la liturgia della notte di Natale indica come “Il principe della pace” (Is 9,5).

Con questo spirito, dopo aver visitato il caratteristico centro palestinese di Beit Jala incontriamo nella parrocchia latina i nostri amici scout “Lucca 4” per dirigerci insieme verso una collina di Bethlehem e conoscere una realtà che si propone l’obiettivo di costruire ponti di dialogo e di pace tra le persone: Tent of Nations (la tenda delle nazioni).


Irrompiamo così all’interno della storia di una famiglia (quella dei Nassar, arabi cristiani) che possiede da tre generazioni un colle della superficie di circa quattro ettari e che vive dei frutti di questa terra. Uno dei familiari, Daher, inizia a descriverci le peripezie, ancora in corso, dei venti anni di causa legale con lo stato israeliano: quest’ultimo considera sotto la propria gestione la proprietà dei Nassar, con l’intenzione di costruirvi un insediamento di coloni, e ne ha ordinato la demolizione delle strutture, nonostante ci siano documenti ufficiali (dei governi ottomano, britannico e giordano) attestanti il regolare possesso della terra da parte della famiglia sin dal 1916. Nel tempo, infatti, le colline intorno sono state occupate da nuovi villaggi abitati da coloni.

Ci colpisce dapprima l’elenco di problemi e ingiustizie alle quali queste persone hanno dovuto far fronte: divieto di costruzioni di qualsiasi tipo (per fortuna ci sono le grotte!), divieto di fabbricare sistemi di canalizzazione dell’acqua per dissetare persone e piantagioni (ci si arrangia con le cisterne, ma in una terra arida come questa che è al confine con il deserto di Giuda, l’acqua piovana è insufficiente), divieto di portare sul colle energia elettrica, strada bloccata con pietre e divieto di rimuovere le stesse per motivi di sicurezza, danni ingenti alle piantagioni di ulivo provocate senza motivo, incursioni di coloni armati con minacce di lasciare libera la collina…insomma ci sarebbe da arrabbiarsi e non poco!

Scopriamo invece il volto di un uomo sereno che, mentre combatte con decisa fermezza la battaglia per ottenere giustizia umana, propone e sostiene insieme alla sua famiglia la missione della propria vita quotidiana: promuovere l’educazione al dialogo tra persone di diverse culture, nazioni e religioni, per preparare vie di pace, ponti, appunto, tra le genti.

Scopriamo soprattutto la speranza energica e viva di Daher, che cioè è possibile costruire ogni giorno pace e rispetto e che un cambiamento in positivo può davvero avvenire.

Egli cita gli esempi di una signora israeliana “vicina di casa” che, una volta conosciuta questa realtà, ne è in seguito diventata amica insieme ai suoi parenti; di una famiglia israeliana che ha voluto festeggiare il compleanno di un parente proprio dai Nassar; gli “esperimenti” di condivisione e di gioco insieme tra bambini palestinesi ed israeliani.

Oggi Tent of Nations è un’associazione sostenuta da numerosi volontari di diverse nazionalità che promuove incontri di formazione al dialogo, alla riconciliazione, momenti di testimonianza, campi estivi per i bambini palestinesi, programmi di scambio internazionale, attività di volontariato nei lavori agricoli (anche per supportare il mantenimento della famiglia stessa), tutto in uno stile di semplicità e condivisione.

Giungono proprio in questi giorni ai nostri orecchi le gravi notizie riguardo gli attentati agli autobus israeliani nei pressi di Eilat e le rappresaglie su Gaza…

L’esempio della Tenda delle Nazioni possa aiutare ciascuno di noi, nelle situazioni concrete di ogni giorno, a coltivare ed a vivere sempre più il dono della speranza per varcarne insieme le soglie (Giovanni Paolo II).

Giovanni Marco