Di ritorno dalla Terra Santa tante immagini sono impresse nella mente e nel cuore. Ammetto di non amare i viaggi, o meglio di non sentire in me l’esigenza di “spostarmi molto” dal luogo dove sono nato! Però devo altrettanto onestamente riconoscere che ogni volta che l’ho fatto ne ho avvertito la bellezza e la ricchezza.

Non mi soffermo sui luoghi santi volutamente perchè già abbondantemente raccontati nelle altre pagine di questo sito.

Anzitutto l’immagine dei due popoli che vivono qui. Purtroppo con gli ebrei i contatti sono stati solo funzionali: vigilanza, militari armati fino ai denti, camerieri e negozianti…forse per questo non porto delle impressioni profonde, però questi giovani che vivono in perenne tensione fanno pensare, apparentemente sono dei “cattivi”, probabilmente sono solo “impauriti” come un’animale ferito…in tanti casi sembrano solo costretti a vivere in un conflitto che non vogliono. Questo ti sembra almeno alla prima impressione il popolo ebraico. Gli arabi invece sembrano spensierati e poetici come solo i poveri sanno essere…come solo chi non ha nulla da perdere riesce ad essere. Tantissimi bambini abituati a giocare nelle situazioni più incredibili…come quelli che ad Ebron giocavano a nascondino tra le macerie di negozi evacuati, sotto lo sguardo minaccioso ma insieme triste dei soldati israeliani. Mercati pieni di mercanzie coloratissime, traffico da paura, anziani che parlano tra loro, giovani che si arrangiano come possono…come quel poverissimo tassista che abbiamo incontrato per tre volte e che oltre ad indicarci la strada giusta per Ebron alla fine ha rifiutato la mancia e ci ha regalato una scatola di dolci!!

Appena arrivato a Nazaret ho accompagnato Marco a celebrare l’eucaristia in una piccolissima parrocchia in un villaggio arabo…che desiderio di imparare l’arabo per poter parlare con gente che avverti subito tanto disponibile e calorosa…che invidia nell’ascoltare Marco scherzare con i bambini, celebrare la messa, salutare le persone. Ho avvertito subito una certa sintonia culturale…sarà per la confusione che ho  “respirato” da sempre nella mia Roma! Che dispiacere non poter parlare! Che piacere sentire che Marco ci sta riuscendo.

Che bella soprattutto la nostra fraternità! Alvaro, Paolo e Marco sono accoglienti, generosi, pregano e lavorano…e attorno a loro hanno tanta gente che li circonda di affetto. Eppure Alvaro e Paolo non parlano arabo…si comunica con un impasto linguistico e gestuale incredibile…provare per credere. La signora Abla che ci porta il pranzo, Janette che prima della partenza da Nazaret ci riempie di ogni ben di Dio, Kaled che ci viene a trovare assieme a sua sorella e cucina per noi la carne alla brace. Non vorrei dare l’impressione che si mangi soltanto…però almeno si mangia in arabo! Il segno della fraternità vuole essere segno di presenza di Gesù, segno di pace in questa terra di conflitti. Anche se la vita si svolge maggiormente tra gli arabi, il popolo ebraico è sempre presente soprattutto nella preghiera di intercessione.

Grazie ai miei fratelli

fratel Gabriele