Approfittando del mio soggiorno in Guatemala ho avuto la gioia, assieme a una famiglia del mio paese, di ritornare a San Salvador dopo alcuni anni, particolarmente per una visita lampo alle Piccole Sorelle del Vangelo (Hermanitas del Evangelio, fraternidad en Mejicanos).
Incontrarsi per la prima volta e sentirsi subito al proprio agio, quasi “a casa” è il dono più grande che la Fraternità offre a tutti coloro che sono uniti dal messaggio spirituale di frère Charles. Una calorosa accoglienza unita a una “sacra ospitalità” hanno segnato le ore che abbiamo trascorso in compagnia delle piccole sorelle Maryse ed Iris, una terza sorella era in ritiro e un’altra in Francia.
La situazione attuale del popolo di Monsignor Romero non è tanto diversa dagli anni precedenti. L’alto indice di povertà è così evidente nella capitale, caotica e popolata. Le tensioni sono all’ordine del giorno: la fraternità è inserita in un quartiere nella periferia della città, ma è un territorio turbolento a causa di due “maras” (bande giovanili) rivali. Praticamente si vive in mezzo a due fuochi. Tuttavia, proprio in tale contesto la presenza silenziosa e adorante della Fraternità è sicuramente un piccolo segno di speranza.
Altri problemi occupano la vita quotidiana del popolo salvadoregno: da circa quattro settimane la cattedrale è stata occupata dai sindacalisti e… Tutto tace. Da allora nel luogo sacro non si celebra l’eucaristia e così anche la nostra visita alla tomba del vescovo Romero è stata rimandata. Sembra che nessuno prenda posizione, oppure che non ci sia una sola voce autorevole.
Non potendo visitare il duomo ci siamo incamminati verso “El Hospitalito”, il luogo dove Romero è stato ucciso il 24 marzo 1980 mentre alzava per l’ultima volta il “calice della salvezza”. Dopo la visita al “Centro Histórico Monseñor Romero” ci siamo diretti all’UCA, l’università dove sono stati massacrati i gesuiti nel novembre 1989, è senz’altro il “luogo della memoria” di tutto El Salvador. Nel museo si conserva una documentazione esaustiva delle scene raccapriccianti di quella vicenda, immagini di fronte alle quali “ci si copre il volto” (Isaia 52,15). Come non ricordare il grido di Gesù sulla croce nel momento in cui è di fronte alla morte e sembra sperimentare l’abbandono, l’assenza di Dio? Proprio a questo tema il Papa Benedetto XVI ha dedicato la catechesi del mercoledì e, tra l’altro, diceva: «Anche l’uomo, nelle difficoltà e nelle sofferenze, sperimenta a volte l’apparente “assenza di Dio”. Ma quando sembra che Dio non senta non dobbiamo temere di affidare a Lui tutto il peso che portiamo nel nostro cuore, non dobbiamo avere paura di gridare a Lui la nostra sofferenza. Anche nell’ora in cui vive il dramma umano della morte, infatti, Gesù non si abbandona alla disperazione, ma prende su di sé la pena del suo popolo e quella di tutti gli uomini che soffrono per l’oppressione del male, portando tutto questo al cuore di Dio stesso nella certezza che il suo grido sarà esaudito nella Risurrezione».
Una scritta al Memorial de los Mártires canta: «Con Monseñor Romero Dios pasó por El Salvador» (con Monsignor Romero Dio ha visitato El Salvador). Il martire non è né un eroe né uno che ama la morte e disprezza la vita, ma è colui che rimane fedele al suo Signore e ai suoi fratelli, come tanti cristiani perseguitati o in zone di frontiera, come le fraternità del Padre de Foucauld sparse per il mondo. Dio non abbandona il suo popolo, mai.
fratel Oswaldo