Stavo seduto sotto la veranda dell’eremo per la mia lettura pomeridiana. Una giornata calda, con una cappa di nubi e foschia che rendeva l’aria immobile e infuocata. Ad un tratto un nugolo di insetti sul mio corpo. Un rumore lontano, quasi come una voce roca e potente si avvicinava velocemente. In un attimo si è scatenata una tempesta di vento, mai vista prima di allora nella mia vita. L’atmosfera è diventata ancora più grigia e cupa; il vento soffiava violento su ogni cosa. Mi sono rifugiato nell’unico lato “sotto coperta” della piccola casa e lì mi sono fermato a guardare… e a pensare.
La mia mente ha fatto un salto di secoli. È andata al profeta Elia che nel suo peregrinare verso il monte Oreb fa l’esperienza del “vento che si abbatte gagliardo” prima di scoprire la presenza di Dio nella “brezza di un vento leggero”. Ma poi, immediatamente, un balzo in avanti di centinaia di anni.
Come sono reali i Vangeli! Su questo lago, una notte misteriosa, Gesù e i discepoli sulla barca. Il maestro dorme e improvvisamente si abbatte sul mare (il lago di Tiberiade!) una tempesta di onde e di vento. Doveva essere come questa. Dalla mia visuale sul lago ho intravisto un’imbarcazione, solitamente usata per i pellegrini, che lentissimamente, faticosamente, si dirigeva verso il “porto sospirato”. Le onde erano visibili anche dalla mia postazione…
“Non ti importa che siamo perduti?” (Mc 4,38). “Taci, calmati!” (Mc 4,39). Gesù ha sgridato il vento e il mare e improvvisamente si è fatta una grande bonaccia. Il passaggio, ora lo posso vedere con i miei occhi, è stato brusco e inaudito. Da questo infuriare del vento e delle onde, ad uno stato di silenziosa pace tra le acque calme e sopite come le ho potute vedere questa mattina stessa.
E poi quelle domande: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?” (Mc 4,40). Perché nella vita la tempesta può abbattersi così violenta e improvvisa, Signore? È la domanda che mi sono posto quando stavo, seduto e impotente, a guardare gli alberi e gli uccelli che lottavano con tutte le loro forze per contrastare la veemenza del vento. Stare nella tempesta. Era l’unica cosa che, tutte noi creature, potevamo fare in quel momento. Ma Gesù è presente, anche se talvolta può dormire di un sonno così profondo che, apparentemente, sembra essere addirittura assente. Perché aver paura dunque? Siamo uomini, Maestro, e quando la tempesta ci sorprende rimaniamo interdetti, spauriti. Abbiamo bisogno che tu ti svegli e fai tacere il vento e il mare per far tornare la bonaccia.
Allora, come Pietro in un’altra notte tempestosa, ho ripetuto l’invocazione: “Signore, salvami!”.
Sono passate alcune ore… Tutto si è fatto silenzio. E pace.
fratel Marco
Posso dire soltanto, grazie!
E’ da meditare la relazione tra la “paura” e “fede”. All’aumentare della prima si affievolisce, si impoverisce la seconda. Meno ci si affida al Maestro, più si fanno sentire le angosce e le paure. E se imparassimo a fare nostre le parole di Gesù invece di piangerci addosso?