Una felice ricorrenza, questa volta in famiglia, ci invita a sottolineare l’invito che il Papa ha rivolto alla Chiesa di vivere l’Anno della fede come «un tempo di grazia spirituale che il Signore ci offre, per fare memoria del dono prezioso della fede» (Benedetto XVI, Porta fidei, n. 8). La fede è già un dono in se stessa, ma lo è ancora di più quando è vissuta e trasmessa a noi dai nostri cari.
È davvero significativo, e per noi motivo di grande gioia, apprendere la notizia che, in occasione dei 140 anni della fondazione dell’Azione Cattolica dell’Aquila, sia stato scelto quale testimone esemplare della fede il sig. Vittorio Barducci, ossia il papà del nostro fratel Paolo Maria. In un piccolo volume di recente pubblicazione ci viene presentata la vita di questo «testimone generoso, autentico e credibile, capace di comunicare mediante la sua stessa esistenza la bellezza di una fede vissuta con semplicità e forza» (Vittorio Barducci, cristiano nel quotidiano. Scritti e testimonianze, Tau editrice, Todi (PG) 2012).
«È davvero significativo – scrive nella prefazione il presidente nazionali di A.C. Franco Miano – che questa interessante pubblicazione su Vittorio Barducci, che raccoglie i suoi scritti e alcune testimonianze, sia edita in occasione dell’apertura del 50° anniversario del Concilio Vaticano II e dell’inizio dell’Anno della fede». La vita di papà Vittorio, infatti è, per diversi motivi, intimamente legata all’evento ecclesiale più grande del XX secolo. A soli 50 anni, avverte i primi sintomi di una malattia che lo costringe a non recarsi al lavoro proprio la mattina dell’11 ottobre 1962. In tale occasione – testimonia uno dei suoi figli –, stando in casa, volle seguire la cerimonia dell’apertura del Concilio che venne trasmessa in televisione. Fu per lui una grande gioia e disse con un dolce sorriso: «Se non mi fossi sentito male a quest’ora sarei in ufficio, invece sono in Piazza S. Pietro!». Da quel giorno inizia il suo calvario che ripercorre con grande coraggio e serenità fino alla conclusione del suo pellegrinaggio terrestre avvenuto il 9 agosto 1964.
Due brani commoventi:
il primo è tratto da una lettera scritta a Liliana Torpedine, sua futura sposa, il 25 maggio 1943:
«Questo è anche il segreto della felicità della famiglia: se c’è Gesù, se si tende a mettere veramente in pratica i suoi insegnamenti, la cristiana letizia è assicurata. Se Gesù è con noi, chi sarà contro di noi! Ma se alla pace e alla serenità della Grazia di Gesù, noi potremo aggiungere la nostra linda, ariosa e assolata casetta dove i nostri bimbi cresceranno vispi e sani, sotto le cure amorose della loro gaia mammina, quanta dovrà essere la nostra gratitudine al Signore che con noi è così largo dei suoi Doni» (p. 43).
La mattina del suo transito, una domenica, prima di raggiungere la Casa del Padre, guardando intensamente il Crocefisso e abbandonandosi fiduciosamente in Lui, papà Vittorio, testimonia la figlia Graziana, ci faceva dono di queste parole:
«Quanto deve aver sofferto il Signore, quanto è stato buono: ha voluto morire prima Lui. Aiutatemi, aiutatemi a pregare.
Amatevi, siate generosi, perdonate.
Per un cristiano che abbia fatto il suo dovere non è triste morire.
Pregate tanto per me, io pregherò per voi!
Siate sereni, io vi lascio, ma vi aspetto in Paradiso.
Andate, il Signore mi aspetta, sono felice!».
Il pensiero corre spontaneamente al nostro «fratellone» Paolo Maria e alla sua famiglia e la nostra gratitudine al Signore per donarci dei santi anche in seno alle nostre famiglie. Mi sia permesso riportate la memoria in me ancora molto viva di papà Juan (mio padre che ci ha lasciato l’anno scorso), che se non può essere paragonato per il suo impegno in seno alla Chiesa e alla società a papà Vittorio, credo che li si possa accostare per la loro grande e autentica fede. Debbo a lui e a mia mamma il dono della fede.
Un giorno ho colpito senza volerlo un nostro caro amico (che in qualche modo si lamentava dei figli perché non erano abbastanza bravi come lui desiderava) raccontandogli che mio papà tutte le mattine alle 5 si recava in chiesa per pregare anche per i suoi figli… «e grazie a lui – concludevo – io me la prendo con comodo!». Si è commosso ammettendo che non ci aveva mai pensato che pregare per i propri figli facesse parte del suo ministero.
Il ricordo e la testimonianza di papà Vittorio e di mamma Liliana, e dei nostri genitori che sono già in paradiso, ci possano aiutare a vivere autenticamente il dono della fede e ci ricordino che «per fede, nel corso dei secoli, uomini e donne di tutte le età, il cui nome è scritto nel Libro della vita (cfr. Ap 7,9; 13,8), hanno confessato la bellezza di seguire il Signore Gesù là dove venivano chiamati a dare testimonianza del loro essere cristiani: nella famiglia, nella professione, nella vita pubblica, nell’esercizio dei carismi e ministeri ai quali furono chiamati. Per fede viviamo anche noi: per il riconoscimento vivo del Signore Gesù, presente nella nostra esistenza e nella storia» (Porta fidei, n. 13).
Un grazie ai nostri genitori, a quelli che non ci sono più e ci aspettano in paradiso, e anche a quelli che sono con noi e ci sono vicini con la loro fede e la loro amicizia.
Fratel Oswaldo
Veramente sorprendente e commovente fare la conoscenza del papà di Paolo Maria. Io non ho avuto la fortuna di avere un tale genitore, mio padre era un uomo pratico, impegnato in politica, che ha rivestito incarichi di responsabilità nella sua città e provincia, ma non era un uomo di fede. Sono certo, però, che aveva doti che avrei potuto scoprire nella mia maturità se non fosse morto a 55 anni quando io ne avevo ancora 22. Bè, al di là di questa riflessione personale, sono davvero contento per il papà di Paolo Maria e anche per quello di Osvaldo: si capisce perchè avete fatto una certa scelta di vita! In profonda comunione, Nicola.