La poesia appartiene alla cultura araba, fin dai tempi più remoti. Quando il popolo arabo abitava il deserto, ogni tribù era valutata dalla bravura e dal calibro del suo poeta, tanto che il veder nascere e crescere un poeta nei ranghi del proprio clan era ritenuta una delle soddisfazioni più grandi.
Nei giorni scorsi, qui a Nazaret, ci siamo immersi in questo clima tipicamente arabo, invitati al “diwan” di Sabeel, un’associazione che si ispira alla teologia della liberazione e che lavora per la pace in Israele e Palestina.
Sullo sfondo una grande foto di Nazaret. Sì, perché “Nazareth negli occhi dei suoi abitanti” era il tema della serata. Al centro il poeta, Tamim Al-Asadi, che ha condotto con i suoi versi l’intera serata. Un vero poeta che non ha mancato di scrivere e dedicare una poesia ad ogni ospite illustre della serata: una dottoressa (Hala Spagnoli), un’artista (Rim Banna), e un insegnante (Nakhla Bishara). Ci hanno presi per mano e ci hanno condotti per le strade del suq di Nazaret di molti anni fa, un ambiente caldo e accogliente, vivo, in cui ciascuno era parte della vita degli altri.
La parola nostalgia (hanin) ha fatto capolino più volte sulle labbra dei quattro protagonisti perché, a detta di Nakhla, quando ci si ricorda del passato si rivisitano i momenti più belli.
Il ricordo non è stato soltanto un viaggio nei concetti, ma pure nelle immagini, guidando la nostra mente ad immaginare le persone che con i loro vestiti tipicamente arabi venivano riconosciute dai pantaloni che portavano sotto le lunghe tuniche: il tipo di abito individuava il villaggio di provenienza. Piccole e grandi distanze che erano colmate dal vivere insieme in alcuni luoghi insostituibili; uno fra tutti la scuola. Hala ricordava come nella scuola superiore si instauravano relazioni che non sono mai venute meno nel corso degli anni.
Il suono, la musica, sono state pure compagne di viaggio in questa indimenticabile serata: la splendida voce di Rim ci ha condotto a ricostruire luoghi e situazioni per l’effetto delle melodie da lei cantate. La musica, e specialmente quella araba, è particolarmente indicata a comunicare e creare emozioni che costituiscono come la culla dei ricordi e dell’immaginazione.
Una provocazione incalzante, posta a più riprese, è stata il rapporto tra il passato e il futuro, perché non rimaniamo intrappolati nel desiderio anacronistico di un passato che non può ritornare così com’era. E così altre parole, quali responsabilità, cambiamento, lingua, cultura, sono affiorate quasi a disegnare un orizzonte verso il quale camminare. Sono queste le armi del cambiamento e della convivenza pacifica, nella responsabilità che ci fa “signori” e custodi del creato e non schiavi delle cose.
E così, tra musica, poesia e ricordi, i molti partecipanti hanno potuto riappropriarsi della loro cara Nazaret di un tempo, facendo sentire tutti, giovani e meno giovani, parte di quel clima caldo di accoglienza e appartenenza che regnava nelle strade del suq. Perché, si sa, il suq in ogni città araba è il cuore pulsante, dove la vita si fa viva e riempie di ricordi il cuore della gente.
fratel Marco