Da italiano che risiede all’estero ho deciso, di tanto in tanto, di farti sentire la mia vicinanza, scrivendo qualche cosa su di te nelle pagine di questo nostro piccolo strumento di comunicazione.
Anzitutto vorrei dirti che, nonostante tutto, mi sento orgoglioso di essere italiano. E mai come da quando vivo lontano dalla mia patria l’ho potuto capire e apprezzare.
Siamo proprio in un momento delicato! Le ultime elezioni, con la precedente campagna elettorale, ci hanno riportato alla luce un aspetto da molti italiani sperimentato e vissuto e da molti politici volutamente ignorato e colpevolmente mai recepito: una diffusa e motivata insofferenza nei confronti della politica. Sì, quest’arte così nobile in sé, infangata da troppi decenni di infedeltà verso l’impegnativo mandato dei cittadini di legiferare, governare, giudicare, con onestà e serio impegno senza secondi fini, senza guardare al proprio interesse e alla propria poltrona.
Gli italiani, i tuoi figli, sono stanchi. Stanchi di molti personaggi che da troppo tempo hanno monopolizzato e imposto questo volto della politica. L’ascesa di nuove forze che hanno denunciato senza mezzi termini questo peccato originale, la discesa e la disfatta di altre forze che non se ne sono liberate ne sono un palese esempio. Ascoltando però più di un rappresentante di vecchi partiti, il messaggio non è stato ancora recepito, si continuano a fare letture edulcorate della situazione provando a non uscire dai soliti vecchi schemi. Dimenticando che, se non si esce da queste categorie e non si prova a prendere sul serio il disagio, la prospettiva non è la morte dei partiti politici, ma il definitivo e inappellabile voto si sfiducia nei confronti della politica.
La crisi economica in cui l’Europa (e non solo) da qualche anno è piombata è stato un elemento scatenante il disagio e la protesta. Il disagio che si esprime al suo massimo grado nella mancanza di lavoro per tutti: dai giovani che si vedono spegnere i loro sogni, ai meno giovani che perdendo il lavoro perdono pure la possibilità di una vita dignitosa e si avviano pericolosamente e rapidamente verso le soglie della povertà. Lo stato è in crisi, le imprese sono in crisi, chi deve pagare non lo fa, i licenziamenti sono all’ordine del giorno e la speranza, la creatività, la possibilità concreta di vivere è messa in serio pericolo.
Dal nostro piccolo punto di osservazione possiamo testimoniare che sono aumentate spaventosamente le famiglie che nelle parrocchie, nei centri di ascolto, chiedono un aiuto concreto per arrivare a fine mese perché il costo della vita non fa che aumentare mentre la capacità di acquisto diminuisce radicalmente. Ad essere aumentati non sono solo i beni “di lusso”, ma proprio tutti quei prodotti di quotidiana necessità che sono primari nella vita di ogni persona e di ogni nucleo familiare. A questo ci sembra si aggiunga la cultura dell’apparire in cui ci si sente menomati se non si possono sfoggiare gli stessi prodotti che la società (di cui spesso la stessa classe politica ne è rappresentante e foriera) ci propone come irrinunciabili ed essenziali.
Da queste povere considerazioni è evidente che la conduzione del Paese non può essere lasciata al calcolo dei propri interessi. Siamo in un momento in cui concetti quali solidarietà, bene comune, serio impegno politico, attenzione ai più poveri, non sono più procrastinabili. E questo semplicemente perché ne va del futuro del Paese e perché gli Italiani non hanno più la pazienza di sopportare i reiterati siparietti di improbabili rappresentanti del Popolo con la scandalosa sperequazione tra il costo della politica (e dei politici) e il raggiungimento di un benessere collettivo che è passato decisamente in secondo piano nei reali interessi di chi, questo Popolo, lo rappresenta. La stessa rappresentanza lasciata nelle mani di persone sulle quali pende un giudizio penale risulta uno scandaloso tentativo di avvallare la cultura della disonestà in cui ad essere posti ad esempio sono proprio i corrotti e i perseguiti (e non perseguitati) dalla giustizia.
Non si può fare di tutta l’erba un fascio e di questo ne siamo consapevoli. E non ci si può abbandonare a qualsiasi vento di novità per il solo fatto che denuncia le contraddizioni e i giochi sporchi ai quali siamo stati soggiogati (anche se non è poco). Il momento è delicato e serio, e la risposta non può che essere altrettanto seria e fondata su progetti ben piantati su una ascesi politica che in modo limpido si adopera finalmente per il bene dei cittadini. Tale virtù comporta la rinuncia ai propri interessi e la prospettiva del servizio politico che non è un privilegio ma un compito altissimo svolto a motivo di un incarico che altri hanno assegnato per il loro stesso bene.
fratel Marco
Italiano carissimo,
grazie della riflessione dalla Terra Santa,
mentre abbiamo inziato la Settimana Santa.
Condivido tutta la tua riflessione Marco.
Aggiungo solo il mio punto di osservazione,
che non è solo quello di cittadino italiano
e bis-parroco,
ma è anche quello di un osservatore privilegiato
in quanto una delle Parrocchie gestisce
una Scuola dell’Infanzia,
per cui ogni giorno sono davanti ai piccoli
(il privilegio è proprio quello di stare con loro,
anche se vi posso stare stare ben poco,
assorbito come sono dalla gestione della Scuola),
ai loro genitori, alle maestre,
e quindi sono immerso in un progetto educativo
da condividere tra scuola e famiglia,
nelle problematiche familiari
tra papà e mamma e tra genitori e figli,
nel mondo del lavoro con le sue leggi,
tra uno Stato (e non solo lo Stato) latitante
ed una società che,
dal primo politico all’ultimo economista,
sembra proprio disinteressarsi della Scuola.
Proprio sabato sera alla radio
ho ascoltato un seria preoccupazione di un’agenzia
a riguardo, queste le parole,
di “una Pasqua di crisi per i consumi!”.
Mi auguro davvero che la nostra Pasqua
sia quella di un Altro,
che ci ha dato tutto quello che è suo!
Un abbraccio a te, Paolo e Alvaro e tutti!
don Luca