15 maggio 1948 – 15 maggio 2013. Sessantacinque anni fa lo Stato di Israele proclamava la sua “indipendenza” e da allora, da parte palestinese, si celebra la memoria della “Nakba” (“catastrofe”). Il popolo palestinese perse la sua terra, la sua libertà e la sua dignità nella sostanziale indifferenza, generalizzata e ancora attuale, del resto del mondo.
Sono molte le iniziative che sono state organizzate per questo anniversario.
A Nazaret nei giorni scorsi, grazie all’iniziaiva del gruppo di Sabeel, ho partecipato alla proiezione di un film-documentario sulla storia dei palestinesi cristiani: “The stones cry out”. L’autrice è Yasmine Perni. E non facciamoci ingannare dal nome: italiana, di Roma, cresciuta in Medio Oriente a motivo del lavoro del padre. Vive in Terra Santa da alcuni anni, sposata ad un giornalista americano, giornalista anch’essa.
Si trovava un giorno nella basilica di Betlemme, nella grotta della Natività e piangeva pensando alla città in cui è nato Gesù, alle pesantissime difficoltà che sono costretti ad affrontare i suoi abitanti. Una città senza pace che ha dato i natali al Re della Pace.
«Devo fare qualcosa!» è stata la risoluzione che le è nata dentro. Una storia da raccontare, ma come? Il suo giornale non era interessato all’argomento e così ha deciso di procedere alla realizzazione e produzione, a sue spese, di un film documentario che raccontasse questi 65 anni di oppressione e di sofferenza del popolo palestinese. Il film si può suddividere nelle tappe che delineano il percorso della storia recente di questa terra: la Nakba (l’inizio dello Stato di Israele), la guerra dei sei giorni (1967), la prima Intifada (1987-1988), la seconda Intifada (2000),…
Il film è costellato di documenti-video storici, interviste a persone che hanno visto e vissuto i fatti, a personalità ecclesiali che raccontano la loro esperienza e testimoniano il faticoso e difficile cammino di questo popolo.
Il punto di vista è quello dei cristiani anche se, come sappiamo bene noi tutti e la regista in primis, i palestinesi sono un popolo composito in cui sono presenti i musulmani. Perché allora questo taglio?
«Perché sono cristiana e sono convinta che, se parto da qualche cosa che mi coinvolge profondamente, sarò in grado di colpire e coinvolgere anche chi vedrà il film».
La proiezione è stata seguita da un buon numero di nazaretani e da alcuni stranieri che si sono uniti alla celebrazione di questa memoria. Dopo la proiezione è seguito un dibattito con la regista Yasmine e il vescovo melkita Elias Shacour ai quali sono state rivolte numerose domande.
Riprendiamo l’impressione del vescovo Giacinto Boulos Marcuzzo: ci potrebbero essere molti motivi di discussione a seguito della visione del film ma è certo che «bisogna andare avanti!», bisogna continuare a raccontare all’Occidente quale sia la storia di questa terra e di questo popolo.
«La realtà è molto più dura, ma è comunque uno strumento notevole per far conoscere la verità dei fatti» è stato il commento di una nostra carissima amica.
Il film è un segno importante da far vedere e diffondere il più possibile perché, attraverso la proiezione del film, si possa rendere cosciente il mondo dell’importante ruolo che hanno giocato e che giocano i cristiani in Medio Oriente ed in particolare nella storia della Terra Santa.
Il film in inglese, con sottotitoli in arabo, verrà presentato in diversi festival ed è stato già proiettato al Cairo, a Londra e a Betlemme. Speriamo che presto possa essere visto anche in Italia magari tradotto in italiano e speriamo che molti si sentano coinvolti nel comune impegno di restituire al popolo palestinese (cristiani e musulmani) la sua dignità e i suoi sogni.
fratel Marco
Caro Fratel Marco:
Grazie per l’articolo sul film. Come giornalista devo dire mi fa’ impressione all’ imprvviso trovarmi dall’ altra parte della storia, non quella che narro io, ma quella che qualcun’ altro scrive su di me.
Il prossimo passo come hai ben detto, e’ di spargere la voce e continuare a raccontare la storia dei crisitani.
Appena torno a Roma, mi daro’ da fare per trovare qualcuno che sia interessato ad aiutarmi a tradurre il film in Italiano per poi portarlo chissa’ forse anche in televisione.
Un caro saluto
Yasmine
P.Marco,
Grazie per l’articolo e per le foto. Mi congratulo con te perché è proprio questo che bisogna fare: parlare e scrivere su una realtà drammaticamente sconosciuta o conosciuta male.Sul film si potrebbe discutere all’infinito, ed è normale per un tema così grande, sensibile e tragico. Personalmente avrei un ‘mare'(come si dice in arabo)di commenti. Questa iniziativa sembra, anzi è,infatti, letteralmente una ‘missione impossibile’. Il grande merito, e il coraggio,appunto, della Sig.ra Yasmine Perni è stato quello di essere stata sincera con se stessa e la sua sofferenza, e aver cominciato almeno a fare qualcosa, a colmare una lacuna. E’da ammirare anche il ‘come’ ha prodotto il documentario: senza astio viscerale, solo per la verità storica, per amore verso una terra e un popolo, per ‘com-passione'(nel senso più genuino della parola, verso una causa di giustizia, di riconciliazione e di pace.Un altro merito, e non è da poco, è che questo film-documentario tiene la fiamma accesa, ci aiuta a non dimenticare, favorisce lo scambio e il dibattito, e mantiene la speranza viva e ardente.
Grazie a chi ha commentato questo articolo con così benevoli parole: la regista Yasmine Perni e il vescovo Giacinto Boulos Marcuzzo. Sono lieto e onorato del loro intervento e mi sento in comunione nel comune sforzo di diffondere un messaggio, la conoscenza dei fatti, la speranza e tanti, tanti sogni.