copertina non odieròRingrazierò a lungo mio cognato Corrado per avermi fatto dono di un bellissimo libro nel mio ultimo rientro in Italia: “Non Odierò” di Izzeldin Abuelaish (Piemme, 2011).

Avrete sentito certamente parlare, sul finire dell’insensata guerra di Gaza del dicembre 2008 – gennaio 2009, chiamata dall’esercito israeliano con il nome di “Piombo Fuso”, di un dottore che, quasi in diretta telefonica con un’emittente israeliana, assistette alla morte di tre sue figlie e di una sua nipote.

Izzeldin Abuelaish è un personaggio di grande spessore nella società palestinese dei nostri giorni. Medico preparatissimo, con una formazione ed un’esperienza profondissime. Dopo un’infanzia non facile nella striscia di Gaza, proveniente da un villaggio palestinese occupato dal nascente stato di Israele, si è formato in diversi stati occidentali e del Medio Oriente conseguendo numerose specializzazioni nel campo della medicina ed in particolare della neonatalità e dei problemi relativi alla sterilità nelle coppie.

Fin da bambino, pur assistendo alla perdita delle sue radici, alla distruzione della sua casa, come pure alla perdita di parenti ed amici, prende la decisione di non scegliere mai la strada dell’odio, la più semplice, ma quella che certamente non può che demolire e distruggere la speranza di cambiamento e di pace.

Così nella sua lunga carriera ha modo di lavorare negli ospedali di Gaza come pure in quelli Israeliani limitrofi affrontando quotidianamente la sfida del superamento delle barriere e dei checkpoint divenuti sempre più restrittivi nel corso dei decenni.

La sua convinzione fondamentale è che la medicina, e non solo, possa essere un ponte per costruire fiducia e speranza, perché ciò che interessa ad un medico è salvare una vita, indipendentemente dalle sue radici razziali, culturali o religiose. E così nel corso degli anni fa esperienza di come la cultura palestinese e quella israeliana siano vicine, tanto da chiamarle «cugine»; e di come la maggior parte delle persone che conosce siano propense più alla pace che non all’oppressione ed alla violenza.

izzeldinIl culmine del suo racconto è rappresentato dalla memoria della guerra di Gaza (Piombo Fuso) che gli ha spazzato via in pochi istanti tre delle sue figlie ed una nipote, per un errore di valutazione dell’esercito israeliano, mai riconosciuto ufficialmente. Nonostante la grave perdita, come sempre, non cede alla tentazione dell’odio e della vendetta e, sostenuto anche dall’aiuto, dall’affetto e dalla vicinanza dei suoi amici ebrei (che salvano la vita alla sua quarta figlia e ad un’altra nipote), prosegue nel sogno e nella concreta speranza di poter lavorare alla pacificazione dei due popoli da sempre in conflitto.

Si tratta di un libro che non fa sconti alla drammaticità della situazione dei «Gazawy» ( gli abitanti di Gaza) divenuta ogni giorno di più sempre meno sostenibile, con un giudizio equilibrato e mai “di parte” nell’analisi della difficile situazione. Fermamente persuaso che ancor prima dei processi di pace sia necessario che le persone appartenenti ai due popoli si parlino, si frequentino e si conoscano, perché riconoscere il volto dell’altro, sentirne la storia e le difficoltà, è l’unico mezzo per poter accogliere e guardare con fiducia ad un futuro di pace.

Un libro che fa davvero bene, perché si può cogliere come questo musulmano convinto e profondamente credente abbia lavorato instancabilmente per la pace e la concordia.

Dopo la perdita delle figlie ha deciso di trasferirsi temporaneamente in Canada per dare la possibilità agli altri suoi cinque figli di tirare il respiro e di poter vivere un’esperienza umana capace di stimolare e realizzare tutte le loro potenzialità. Da padre di famiglia non perde di vista il suo primo compito di custodire e condurre il suo nucleo familiare, ma, come ha promesso ai suoi amici ebrei, certamente tornerà nel giro di pochi anni nella sua terra, a Gaza, per proseguire a lavorare per la pace nella memoria delle sue figlie Bessan, Mayar e Aya. Il loro sangue, sostiene, deve essere l’ultimo versato in questo assurdo conflitto e, anche se sappiamo che non è stato così, possiamo credere che il suo lavoro sarà quanto mai costruttivo ed efficace nel tentativo di riavvicinamento dei due popoli.

Lavorando da alcune settimane nell’ospedale italiano di Nazaret mi è capitato di incontrare Sergei, medico ebreo nato in Lituania e adottato da una famiglia di cristiani russi quando era bambino nel ghetto durante la seconda guerra mondiale. A distanza di molti anni è ancora commosso per quel gesto di amore per il fatto che queste persone sono state capaci di guardare l’uomo prima che i suoi attributi (la razza, la cultura, la religione, …) e questo è parte del suo stile di vita e del suo bagaglio di esperienze. Mi è sembrata una conferma di quanto scrive con passione Izzeldin: la medicina, come altri lavori o dimensioni della vita umana possono costituire un ponte per abbattere i muri che gli uomini costruiscono per dividersi e per non vedere chi e cosa ci sia dall’altra parte e poter così contribuire alla conoscenza reciproca ed alla riconciliazione.

copertina non odierò ingleseAlcune frasi tratte dall’Epilogo del suo libro:

«La pace è umanità; la pace è rispetto; la pace è dialogo aperto. […] L’assenza di guerra non significa che ci sia pace. Una persona malata è in pace? Una persona piena di dubbi e di confusione è in pace? I paesi che non sono impegnati in una guerra vivono tutti in pace?

L’odio è cecità e conduce a pensieri e comportamenti irrazionali. È una malattia cronica, grave e distruttiva.

L’odio può essere reversibile, se lo consentiamo. La rabbia non è uguale all’odio. La rabbia può essere produttiva. Sentite la rabbia, riconoscetene la presenza, ma lasciate che sia accompagnata dal cambiamento. Lasciate che vi spinga all’azione necessaria al miglioramento di voi stessi e degli altri. […]

Ho una grande fiducia nelle donne e nel loro potenziale. Le donne, per la loro stessa natura, uniscono le persone. È ora che le donne prendano il comando. Dobbiamo dare loro l’opportunità di essere istruite e di agire in base a ciò che sanno essere meglio per tutta l’umanità.

Quando i vostri valori fondamentali vanno nella direzione del vostro cuore, diventano non negoziabili. Se seguite questo principio potete prendere decisioni con la massima integrità. […]

Giudicare le persone basandosi sulla valutazione fatta da un altro non vi consente l’apertura necessaria a considerare possibilità diverse. […]

I sogni dei nostri figli possono continuare a essere manifestati per mezzo del successo di altri quando diamo loro delle opportunità.

Fidatevi delle opinioni dei bambini. Sono quelli che con maggiore probabilità dicono la verità e che con meno probabilità hanno secondi fini. […]

Qualsiasi cosa facciate, se fatta con cuore sincero e per il miglioramento degli altri, ha più possibilità di riuscire secondo le vostre previsioni».

Questo solo un assaggio della bellezza e della positività di questo libro che, ovviamente, invito a leggere con tutto l’entusiasmo di cui sono capace.

fratel Marco