Nel primo anniversario delle dimissioni di Papa Benedetto XVI i media hanno dedicato molti spazi per la riflessione e l’approfondimento, ma lungo tutto l’anno sono già emersi diversi aspetti da parte degli osservatori che, con acribia, hanno fatto rilevare diversi elementi…
…ad esempio il fatto che nel 2013 ricorreva il 1700 anniversario dell’Editto di Costantino, e che le dimissioni abbiano segnato «la fine di un certo tipo di chiesa» (Michael Davide). Massimo Faggioli poi, in uno studio attento sul passaggio da Benedetto a Francesco, ha affermato: «Dopo la perdita dello Stato Pontificio nel 1870, ora il papato perde un altro elemento tipico dei monarchi, che muoiono in carica». Oggi, per commemorare l’evento, l’Osservatore romano ha scritto: «Nelle dimissioni del Papa tedesco c’è forse tutta la grandezza di Joseph Ratzinger. Con il suo gesto ha indicato alla Chiesa una nuova strada». Comunque sia, ci troviamo di fronte a un evento storico che solo la stessa storia potrà valutare…
Nel nostro piccolo, proponiamo ai nostri amici lettori tre brani delle catechesi che Papa Benedetto tenne, sull’apostolo Pietro, durante le udienze generali nel 2006.
Pietro il pescatore
I vangeli consentono di seguire passo a passo l’itinerario spirituale di Simone. Il punto di partenza è la chiamata da parte di Gesù. Avviene in un giorno qualsiasi, mentre Pietro è impegnato nel suo lavoro di pescatore. […] Anche se con fatica, Pietro accoglie l’invito e prosegue il suo cammino sulle orme del Maestro. E mi sembra che queste diverse conversioni di san Pietro e tutta la sua figura siano una grande consolazione e un grande insegnamento per noi. Anche noi abbiamo desiderio di Dio, anche noi vogliamo essere generosi, ma anche noi ci aspettiamo che Dio sia forte nel mondo e trasformi subito il mondo secondo le nostre idee, secondo i bisogni che noi vediamo. Dio sceglie un’altra strada. Dio sceglie la via della trasformazione dei cuori nella sofferenza e nell’umiltà. E noi, come Pietro, sempre di nuovo dobbiamo convertirci. Dobbiamo seguire Gesù e non precederlo: è Lui che ci mostra la via. Così Pietro ci dice: tu pensi di avere la ricetta e di dover trasformare il cristianesimo, ma è il Signore che conosce la strada. È il Signore che dice a me, dice a te: seguimi! E dobbiamo avere il coraggio e l’umiltà di seguire Gesù, perché Egli è la Via, la Verità e la Vita. (17 maggio 2006).
Pietro l’Apostolo
Da quel giorno [dopo la triplice risposta: «Signore, tu sai tutto, tu sai che ti vogli bene»] Pietro ha «seguito» il Maestro con la precisa consapevolezza della propria fragilità; ma questa consapevolezza non l’ha scoraggiato. Egli sapeva infatti di poter contare sulla presenza accanto a sé del Risorto. Dagli ingenui entusiasmi dell’adesione iniziale, passando attraverso l’esperienza dolorosa del rinnegamento ed il pianto della conversione, Pietro è giunto ad affidarsi a quel Gesù che si è adattato alla sua povera capacità d’amore. E mostra così anche a noi la via, nonostante tutta la nostra debolezza. Sappiamo che Gesù si adegua a questa nostra debolezza. Noi lo seguiamo, con la nostra povera capacità di amore e sappiamo che Gesù è buono e ci accetta. È stato per Pietro un lungo cammino che lo ha reso un testimone affidabile, «pietra» della Chiesa, perché costantemente aperto all’azione dello Spirito di Gesù. Pietro stesso si qualificherà come «testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi» (1Pt 5,1). Quando scriverà queste parole sarà ormai anziano, avviato verso la conclusione della sua vita che sigillerà con il martirio. Sarà in grado, allora, di descrivere la gioia vera e di indicare dove essa può essere attinta: la sorgente è Cristo creduto e amato con la nostra debole ma sincera fede, nonostante la nostra fragilità. Perciò scriverà ai cristiani della sua comunità, e lo dice anche a noi: «Voi lo amate, pur senza averlo visto; e ora senza vederlo credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre conseguite la meta della vostra fede, cioè la salvezza delle anime» (1Pt 1,8-9). (24 maggio 2006).
Pietro: la roccia su cui Cristo ha fondato la Chiesa
Questa contestualizzazione del Primato di Pietro nell’Ultima Cena, nel momento istitutivo dell’Eucaristia, Pasqua del Signore, indica anche il senso ultimo di questo Primato: Pietro, per tutti i tempi, dev’essere il custode della comunione con Cristo; deve guidare alla comunione con Cristo; deve preoccuparsi che la rete non si rompa e possa così perdurare la comunione universale. Solo insieme possiamo essere con Cristo, che è il Signore di tutti. Responsabilità di Pietro è di garantire così la comunione con Cristo con la carità di Cristo, guidando alla realizzazione di questa carità nella vita di ogni giorno. Preghiamo che il Primato di Pietro, affidato a povere persone umane, possa sempre essere esercitato in questo senso originario voluto dal Signore e possa così essere sempre più riconosciuto nel suo vero significato dai fratelli ancora non in piena comunione con noi. (7 giugno 2006).
Questi brani gettano parecchia luce sulla vicenda delle dimissioni.
fratel Oswaldo jc
La rinuncia di Benedetto xvi al soglio pontificio non è stata solo coraggiosa, ma sarà provvidenziale, se tutta la Cristianità rifletterà sulla presentazione di Papa Francesco come vescovo di Roma. La questione Pietrina sicuramente, anche se lentamente, inizia ad evolversi,compresa anche la fine della concezione “monarchica” della conduzione della Chiesa.
Giuliana di Norwich (tra 1342-1430 cc), reclusa inglese
Rivelazioni dell’amore divino, cap. 11
“Aiutami nella mia incredulità”
Lo dico in verità : Dio fa ogni cosa, per quanto piccola sia. Nulla accade per fortuna o per caso, tutto è ordinato dalla sapienza previdente di Dio. Se l’uomo vi scorge la fortuna o il caso, è a causa della nostra cecità o vista corta. Le cose che Dio, nella sua sapienza, ha previsto dall’eternità e che guida senza sosta perfettamente e gloriosamente al loro miglior fine, arrivano per noi all’improvviso, allora diciamo nella nostra cecità o vista corta che c’è il caso o un accidente. Ma non è così agli occhi di Dio. Dobbiamo riconoscere che tutto ciò che succede è fatto bene, poiché è Dio che fa tutto. … Più tardi Dio mi ha mostrato il peccato nella sua realtà, così come il modo in cui opera con la sua misericordia e la sua grazia…
Ho visto perfettamente che Dio non cambia mai i suoi disegni in alcunché e non li cambierà per tutta l’eternità. Non c’è nulla che, nella disposizione perfetta delle cose, egli non conosca dall’eternità… Nulla mancherà a questo riguardo, poiché è nella pienezza della sua bontà che ha creato tutte le cose. Ecco perché la santa Trinità è pienamente soddisfatta per sempre delle sue opere. Dio me l’ha mostrato per la mia più grande felicità: “Guarda! Sono Dio. Guarda! Sono in ogni cosa. Guarda! Ho fatto ogni cosa. Guarda! Non ritiro mai la mano dalle mie opere e mai la ritirerò nei secoli di secoli. Guarda! Conduco ogni cosa al fine che le ho assegnato da tutta l’eternità, con la stessa potenza, la stessa sapienza, lo stesso amore di quando l’ho creata. Cosa potrebbe andar male?”
Mi permetto di condividere questa meditazione in apposizione allo scritto di fratel Oswaldo veramente sembra spiegare perfettamente quando dedotto dalla pregevole analisi.Un abbraccio ai Fratelli,renato