Nei giorni scorsi tutta la Chiesa ha celebrato la 22° Giornata Mondiale del Malato, un’occasione speciale, offerta a tutti, per ritornare a considerare la realtà della malattia e della sofferenza di tanti fratelli.
Anche a Nazaret, come è ovvio, abbiamo accolto l’invito di papa Francesco a fare nostri i contenuti di quest’anno: «Fede e carità. “…Anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli”» (1Gv 3,16).
Questa volta poi la giornata ci ha toccati particolarmente, proprio perché da alcuni mesi abbiamo assunto il servizio di cappellani all’Ospedale Italiano.
L’11 febbraio come è noto, memoria della Madonna di Lourdes, è il giorno dedicato a questa festa. La presenza in ospedale di molto personale non cristiano è stato lo stimolo per invitare ad un incontro di preparazione quanti lavorano nella struttura, cristiani, musulmani ed ebrei. Così è stato possibile delineare i tratti di questa giornata, partendo proprio dal messaggio di papa Francesco e con l’occasione ho potuto mettere sul piatto alcuni temi di antropologia cristiana, evidenziando l’immagine dell’uomo che emerge dalla Parola di Dio. Inoltre è diventata l’occasione per descrivere uno stile di servizio consono al lavoro con i malati e in sintonia con l’impronta cristiana dell’ospedale.
Nella preparazione della relazione (in arabo…), aiutato dalla mia insegnante Ibtissam, è emerso quanto carente sia la formazione cristiana degli stessi discepoli di Gesù, tanto da dovermi fermare a spiegare in modo dettagliato anche la famosa parabola del samaritano che in altri contesti avrei dato per scontata.
Dico questo per mettere in luce aspetti problematici di questa chiesa e di questa cultura.
Devo dire che la partecipazione è stata abbastanza buona e la sintonia con il personale si poteva intravedere dai volti, mi è parso, interessati a quanto venivo dicendo.
La celebrazione dell’Eucaristia, nel giorno della festa, ha assunto i tratti del ritrovarsi insieme (questa volta solo cristiani) attorno all’altare del Signore, per invocare la sua presenza sul servizio e sui tanti malati che abitano nelle nostre corsie e nelle nostre case. E quando mi riferisco ai cristiani intendo appartenenti a diversi dei riti e delle confessioni presenti a Nazaret e dintorni. Al termine della celebrazione, i membri del gruppo «Pastoral Care» hanno visitato tutti i malati portando loro un piccolo segno in ricordo della festa.
È bello vedere come il nostro servizio di cappellani prenda lentamente forma e cresca la fiducia della gente in questi italiani, Piccoli Fratelli, che si confondono con i camici bianchi di medici, infermieri e impiegati di vario genere e, da fratelli, camminano insieme per essere un segno di conforto e di speranza per tanti afflitti dall’esperienza delicata, e a volte drammatica, della malattia.
fratel Marco