Qualche giorno fa, tornando a casa, ho sentito alla radio un dibattito sulla necessità di parlare di cose buone e positive. Siamo infatti abituati a ricevere soprattutto le notizie che fanno rumore: polemiche politiche, scandali e abbondante cronaca nera che spesso rende il telegiornale più drammatico di un film horror… Ebbene, si diceva circa l’iniziativa di un gruppo di maestre in Sardegna che coinvolgendo la loro scuola erano riuscite ad aiutare un pastore che aveva perso tutto a causa del maltempo. I testimoni parlavano della commozione del pastore nel veder arrivare quel “branco” di bambini conducendo 26, tra pecore e agnelli, perché lui riprendesse l’attività a cui aveva dedicato tutta la sua vita. Quanti sentimenti e come i cuori erano invasi di gioia e di speranza.
Se pensiamo che si trattava solo di una storia di solidarietà, quanto più potremmo fare noi che portiamo la bella notizia per eccellenza: Cristo è risorto! È a partire da questa professione di fede che nascono tante buone notizie e fatti concreti. È questa la convinzione, per esempio, delle chiese in Umbria che dal 2009 promuovono un Fondo di solidarietà per aiutare le famiglie in difficoltà, vittime della crisi economica. «L’iniziativa del fondo — ha scritto il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Umbra — vuole essere un richiamo alle coscienze, un segnale per invitare tutti alla necessità di cambiare gli stili di vita, per tornare alla scelta della sobrietà, della moderazione, della capacità di accorgersi dei bisogni altrui; stili che possano fare spazio nei cuori alla solidarietà ed emarginare l’indifferenza» (L’Osservatore romano, 9-04-2014).
La fede nella Risurrezione può illuminare le menti, i cuori e le coscienze dei credenti in primis. Si stanno moltiplicando anche i casi di donazioni a favore dei bisognosi delle offerte o dei regali che si ricevono in una festa di compleanno o in un 50° di matrimonio. D’altronde l’invito pressante di Papa Francesco alla sobrietà e alla solidarietà non dovrebbe lasciarci indifferenti, magari a partire dal contesto della celebrazione dei sacramenti o nella festa di Pasqua. Forse qualcuno potrà pensare, anche nella notte di Pasqua: ma che senso ha celebrare così la risurrezione del Signore, quando il nostro mondo continua ad essere segnato da sofferenze, da banalità, da odio, da ostilità, da guerre? Che senso ha rallegrarsi della vittoria di Cristo sulla morte quando la morte esiste ancora ed è la sola cosa certa che sappiamo del nostro futuro?
È questa forse la domanda più pungente – scriveva il cardinale Martini – che può sorgere durante la notte santa, è quella che ci sale dentro mentre esteriormente diciamo Cristo è risorto! Ma se è risorto perché noi dobbiamo ancora morire? Perché ancora tanti delitti, tragedie e lacrime? Ebbene, è proprio per questo motivo che la sera del Sabato santo andiamo in chiesa per celebrare la Pasqua: perché la pasqua di Gesù non ci trasferisce automaticamente nel regno dei sogni, ma ci raggiunge nel cuore, per farci percorrere con gioia e speranza quel cammino di purificazione e di autenticità, di verifica della nostra vita, che ha come traguardo la certezza di una vita che non muore più. La Pasqua non ci restituisce, una volta fuori dalla chiesa, a un mondo irreale, ma ci restituisce alla nostra esistenza autentica, un’esistenza fatta di fede, di speranza, di amore. Se comprendiamo questo, la Pasqua è dentro di noi e comincia a operare attorno a noi.
fratel Oswaldo jc