Inizio a scrivere questo post ascoltando una canzone famosa, “We are the world”, cantata e registrata nella striscia di Gaza, da alcune ragazze che invitano il mondo a considerare la Palestina ed i Palestinesi come persone normali, che hanno bisogno, come tutti, di pace, sicurezza, autonomia, futuro.
La situazione è già degenerata da tempo. Le truppe Israeliane sono entrate nella striscia iniziando la fase della guerra vera e propria con l’invasione di terra. Sono già morti più di 400 palestinesi, diversi dei quali bambini, e 13 soldati israeliani più un civile.
Sto cercando di tenermi informato, segnalando nella nostra sezione “Dal Web” articoli interessanti che possono dare qualche elemento in più nella comprensione e nella valutazione di questo momento.
Una tristezza infinita pervade tutti noi per il fatto che sta morendo la povera gente che vive in un luogo dove non c’è scampo alla crudeltà della cieca violenza. I civili non possono scappare da nessuna parte, per il semplice fatto che non c’è un luogo in cui rifugiarsi. Un sorriso sarcastico ci sfiora le labbra quando leggiamo le testate occidentali che parlano degli “sfollati” di Gaza. Sfollati dove? Non possono uscire da quei pochi chilometri quadrati che costituiscono la striscia di Gaza e i rifugi non esistono.
Da una parte lo stato di Israele ha contribuito a costruire i pretesti per poter attaccare ed invadere. E il mondo, come sempre, gli ha creduto. Dall’altra Hamas, nel suo braccio armato e nelle sue frange più estremiste, non cessa di sparare razzi (questa volta più potenti e precisi) verso il territorio israeliano, che costituiscono una minaccia per la popolazione civile.
Mi scriveva qualche settimana fa una persona che mi domandava se la recente visita di papa Francesco avesse lasciato qualche frutto inaspettato di pace. Onestamente non ho mai creduto che ciò potesse avvenire. La situazione è troppo incancrenita e l’iniziativa di uno, anche se così significativo ed importante, non può mutare la situazione. Ho l’impressione che finché il mondo non si assumerà le sue responsabilità e si farà carico delle sofferenze di questa regione, ed in particolar modo della situazione dei palestinesi, non potrà cambiare nulla. Finché ci sarà l’appoggio quasi incondizionato verso un’unica parte e ci si rifiuterà di comprendere le ragioni dell’altra, la macchina della guerra, dell’odio, del terrore non si fermerà. Ci saranno, forse, tregue, anni di non-guerra, e poi…tanti discorsi, ma la situazione non cambierà. Farsi carico della situazione in Medio Oriente significa lavorare per una pace che ricerchi la giustizia, in cui la libertà è garantita a tutti, soprattutto ai più deboli e più poveri. Non è possibile chiudere gli occhi di fronte ad uno stato che continua a produrre occupazione, oppressione, violenza, dicendo che “ha il diritto di difendersi, anche se con moderazione”. Cosa significa moderazione? Quando si smette di essere moderati? Sono sufficienti 400 morti per dire che non si è più moderati?
Mi trovavo in ospedale per il mio consueto servizio ai malati. Nelle televisioni si continuavano a trasmettere le immagini registrate negli aerei da bombardamento israeliani. Mostravano gli obiettivi (individui che uscivano dalle case e correvano verso altri luoghi) e il radar che stringeva il campo fino a prendere la mira. Quindi il razzo e l’esplosione conseguente. E poi morte o distruzione. Come in un videogioco…
Saranno stati anche dei terroristi, ma davvero è necessario mostrare la crudeltà di questa guerra fino a tal punto? E questo alle 11,30 del mattino quando chiunque può vedere quelle immagini trasmesse a ripetizione. È per l’informazione che si mostrano o per gloriarsi dell’efficacia del proprio esercito e dell’esito “positivo” di questa guerra? O magari anche solo per continuare ad umiliare e seminare odio?
E poi Hamas che sembra stia cedendo all’ondata islamista dell’intera regione e che non accetta alcuna tregua. Hamas rimane sull’improbabile posizione di sfida dichiarando sfrontatamente che riuscirà a infliggere una “dura lezione” ad Israele, quando la sproporzione tra le armi è palesemente enorme. E tutto questo facendo pagare il prezzo delle sue battaglie senza speranza alla povera gente, appunto.
Per non parlare poi di parlamentari della knesset che propongono di radere al suolo Gaza per farci un parcheggio, oppure altri che invitano a sterminare le madri gazawi perché non generino più le “serpi” di Hamas.
Riporto tra virgolette l’amara espressione di una persona nostra amica che commentava così: “mai come questa volta ho capito l’atteggiamento di Gesù di fronte a Pilato: il silenzio. Ormai ogni parola è stata detta, ogni altra frase non sarà ascoltata e non sarà capita”.
Si sentono di tanto in tatno deboli echi di dissenso nella popolazione israeliana. Manifestazioni di ebrei che, assieme agli arabi, contestano questa situazione e l’uso delle armi per far valere le proprie ragioni. Che sia questo un segno di speranza affinchè ci sia un’ondata di buon senso che travolga i responsabili di queste stragi, portandoli lontano, costringendoli a non nuocere più?
fratel Marco jc
Lamentable lo que esta sucediendo, porque perder vidas inocentes en una guerra? los Guatemaltecos ya vivimos esto y no quisiéramos volver a vivir, sin embargo las cosas no cambian y el mundo se sigue destruyendo, que Jesús príncipe de la Paz acompañe a los Hermanos en la franja de gaza.
Grazie per questa relazione. È vero ciò che il poeta tedesco Reinhold Schneider ha scritto durante la guerra? Solo chi prega si può ancora avere successo!
Bernhard