Fra non molti giorni la nostra comunità avrà un nuovo fratello di voti solenni: fratel Giovanni Marco, al secolo Marco Loponte.
Come ogni volta, la professione solenne, è un evento di grandissima importanza nella vita della comunità religiosa. Si tratta di una nuova generazione in Cristo, di una rinascita del singolo come di tutta la fraternità. Il singolo fratello rimette l’intera sua vita nelle mani di Gesù e della fraternità per essere lentamente «lavorato» dallo Spirito in una continua assimilazione all’immagine del Figlio.
Se la prima professione mette l’accento in particolare sull’aspetto della consacrazione, la professione solenne ha un riflesso comunitario molto più consistente. In effetti si confermano i tre voti (povertà, castità ed obbedienza) e ci si impegna in essi per tutta la vita, e questo dentro un contesto di vita fraterna chiaramente delineato. Si dichiara di voler appartenere a Cristo ma attraverso la mediazione della comunità e avendo come compagni di cammino dei fratelli ben precisi, con i loro volti e le loro storie. Si prende in carico la fraternità «in toto» e si decide di esserne parte a tutti gli effetti. Da quel momento in poi la «prima persona plurale» ha la precedenza sulle altre coniugazioni: il «nostro» prende il sopravvento sul «mio» ed anche sul «tuo» e sul «vostro».
Ma questo passaggio non è affatto semplice e può richiedere anche molto tempo per diventare sufficientemente effettivo. Anche perché questo richiede non una «dissoluzione» del proprio IO, ma un nuovo equilibrio ed un nuovo ricentramento nella persona di Gesù. Non rinuncia, anzi al contrario, una presa di responsabilità, dunque una affermazione della propria volontà che liberamente si pone nella mani di Dio, mettendo a sua disposizione tutto quanto si è, si sa, si ha e si vuole al fine di rendere visibile l’amore di Dio per l’umanità intera: «siano una cosa sola… perché il mondo creda» (cfr. Gv 17,21).
E questo rappresenta un cammino di conversione molto profondo ed anche molto fine. In questo senso non è concesso di essere grossolani, bisogna saper aprire il cuore e la mente alla comprensione di un nuovo modo di essere che il Signore ci chiede e ci comunica.
Tornando a Giovanni Marco, abbiamo avuto la grazia di averlo con noi in una delle settimane che, come è suggerito nella nostra regola, vengono dedicate al ritiro ed alla preghiera in preparazione alla professione. È una grazia per diversi motivi.
Anzitutto perché si ha la possibilità di essere testimoni dei molteplici doni ricevuti nella vita di una persona. Come chi si prepara alle imminenti nozze è una sorgente di luce, di felicità, di rendimento di grazie dovuto ad una serie di doni che lo hanno portato a quel passo, così è per il giovane che si consegna ad un rapporto nuziale con il Signore che lo ha sedotto. È foriero di una intima gioia e di un profondo rendimento di grazie che si diffondono come per compartecipazione.
In secondo luogo perché non esiste nessun’altra regione al mondo più indicata della Terra Santa in cui poter pensare alla fedeltà di Dio. La vita religiosa è una scommessa, non tanto sulle proprie facoltà o sulla propria capacità di resistere, quanto sulla fedeltà di Dio. La Terra di Gesù è proprio quello spazio in cui si può meditare, attraverso la Scrittura letta nel suo contesto geografico, sulla invincibile fedeltà del Signore che, nonostante la fragilità e il peccato del suo popolo, non ha mai cessato di riaccoglierlo e condurlo.
In terzo luogo perché trascorrere assieme questi giorni così speciali per la vita di Giovanni Marco non può che significare pure un rinsaldarsi dei legami di fraternità e amicizia come segno indelebile di una reciproca accoglienza e fedeltà che non può avere fine.
Beh, allora la preghiera di tutti deve necessariamente accrescersi in questo ultimo tratto di strada che ci separa dall’11 ottobre, il giorno prescelto per celebrare la Professione Solenne, un giorno che ci rimanda alla memoria di Giovanni XXIII e all’inizio del Concilio Vaticano II. Questa coincidenza indica il cammino alla fraternità, ma in modo particolare disegna la rotta di Giovanni Marco. Se in qualche occasione potranno sorgere difficoltà, peraltro normali nel cammino di ogni uomo, gli è stata data una bussola importante: il Papa del Concilio, i documenti conciliari così attuali ed importanti, lo Spirito del Concilio…
Caro Giovanni Marco buon cammino. Anche se tra qualche giorno lascerai Nazaret per rientrare in quel di Sassovivo, noi continueremo a camminare, sempre, con te.
fratel Marco jc
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mi unisco volentieri nella preghiera per la prossima professione religiosa di giovanni marco.
don gabriele, reggio emilia
Un abbraccio a la comunità dei Fratelli tutta ed in modo particolare a Giovanni Marco che ebbi a conoscere il giorno della consacrazione al sacerdozio dell’amico fratel Roberto.Eravamo vicini e Giovanni.Marco mi donò qualche sua considerazione,allora, sul cammino che stava intraprendendo.Mi accorsi subito di ciò che palpitava nel suo cuore,una empatia mi lega nel silenzio successivo a questo fratello il cui cammino ha la mia stessa bussola : il Concilio e Papa Giovanni XXIII,il padre Charles. Che il Signore ti custodisca sempre carissimo.piccolissimamente
renato
Più si dà al Signore e più egli rende. Ho creduto di dar tutto lasciando il mondo ed entrando nella trappa:
ho ricevuto più che non avessi donato…
Ho creduto ancora di dare tutto lasciando la trappa: sono stato colmato senza misura…
Godo infinitamente d’essere povero, vestito come un operaio, come un domestico,
in questo umile stato che fu quello di Nostro Signore, e, per un eccesso eccezionale di grazia, d’esserlo così a Nazareth.
fr. Charles
Un mondo di bene a te, Piccolo Fratello Giovanni Marco. Il Signore ti benedica ora e sempre.
Pia