Questa mattina, durante la celebrazione eucaristica, il nostro priore Gian Carlo ci ha sorpresi con una omelia che gli è scaturita dal cuore. Commentando il vangelo di Luca 18,9-14 circa la preghiera del pubblicano e del fariseo al tempio, ha detto di essere rimasto molto colpito ieri dall’annuncio che papa Francesco ha fatto a proposito dell’Anno santo, straordinario, dedicato alla misericordia che avrà inizio il prossimo 8 dicembre.
«Ho riflettuto molto in queste ore cercando di intuire o di immaginare quello che passa nella mente e nel cuore del nostro papa Francesco», ha detto il fratello priore, per poi soffermarsi su due possibili risposte. La prima riguarda la frase di san Francesco d’Assisi «Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in paradiso». Infatti, secondo un’antica e documentata tradizione, una notte, mentre Francesco sta pregando accanto alla Porziuncola, viene assalito da una violenta prova: è tentato di abbandonare la penitenza per godersi di nuovo la sua giovinezza. Subito l’uomo di Dio si spoglia e si getta in mezzo a un roveto, il quale, per grazia, si trasforma in un meraviglioso roseto privo di spine. Due angeli si avvicinano e lo conducono nella piccola chiesa, dove trova ad attenderlo il Cristo e la Madonna che gli domandano quale premio desideri per quel suo atto così eroico. Francesco chiede la concessione di un’indulgenza straordinaria – cioè l’assoluzione generale di tutte le colpe – a coloro che fossero giunti in quel luogo pentiti e confessati. «Quello che tu chiedi, o frate Francesco, è grande – gli disse il Signore – ma di maggiori cose sei degno e maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza». Il Poverello si rivolge a papa Onorio III il quale, dopo le dovute consultazioni, gli concede l’autorizzazione. E qualche giorno più tardi, davanti ai vescovi dell’Umbria e al popolo convenuto alla Porziuncola grida tra le lacrime: «Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso». Tuttora la Festa del perdono è celebrata ogni anno il 2 agosto.
Il secondo pensiero del priore riguarda l’esperienza di frère Charles di Gesù che era seriamente preoccupato della salvezza di tutti gli uomini. Infatti, dopo il periodo vissuto a Nazaret, avvolto nella contemplazione del mistero dell’Incarnazione, comprende che Gesù-Dio salva è venuto esclusivamente perché gli tutti gli uomini abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza (Gv 10,10). Da allora si convince che il modo migliore di portare Gesù agli altri è di portarlo presente nell’eucaristia, e quindi divenendo lui stesso ministro dell’eucaristia. Dopo l’ordinazione presbiterale ricevuta in Francia non rientra a Nazaret perché ora è convinto che lo attende la «pecorella più smarrita», laggiù nel Sahara, dove ancora non è conosciuto il beneamato fratello e Signore Gesù. Dopo alcuni anni di permanenza nel deserto e di condivisione con i Tuareg, suoi fratelli perché fratelli di Gesù pure loro, potrà scrivere: «Sono persuaso che il buon Dio ci accoglierà tutti in Paradiso se ce lo meritiamo».
D’altronde, ha concluso Gian Carlo, il primo a guadagnarsi il paradiso è stato il «buon ladrone» che si è riconosciuto peccatore e bisognoso di misericordia. Poi questo dono circa la salvezza di tutti gli uomini lo chiediamo e rinnoviamo ogni volta che celebriamo l’eucaristia e professiamo fermamente che Gesù, spezzando il pane, ha detto «Questo è il mio corpo… per voi e per tutti, per la remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me».
Papa Francesco – aggiungiamo – non ha inventato niente, semplicemente dice con parole nuove quanto è stato già affermato dalla Chiesa. È stato papa Giovanni XXIII a inaugurare questo tempo di grazia quando disse nel suo famoso discorso all’inizio del Concilio Vaticano II: «Non c’è nessun tempo in cui la Chiesa non si sia opposta a questi errori [dottrinali]; spesso li ha anche condannati, e talvolta con la massima severità. Quanto al tempo presente, la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore; pensa che si debba andare incontro alle necessità odierne, esponendo più chiaramente il valore del suo insegnamento piuttosto che condannando». Con queste parole – scrive il cardinale Kasper – il papa diede inizio non solo al Concilio, ma anche all’orientamento pastorale postconciliare. Papa Paolo VI ha confermato questa scelta e ha continuato su questa scia. Nella sua ultima allocuzione al Concilio ha detto che il comportamento del buon samaritano è la spiritualità del Concilio. Papa Giovanni Paolo II ha pubblicato la sua seconda enciclica sulla misericordia. Così Papa Francesco, con l’Evangelii gaudium, è in ottima continuità con il Concilio e i suoi predecessori. Misericordia è il termine-chiave del suo Pontificato.
fratel Oswaldo jc
grazie gian carlo!
un grande abbraccio da betania
Grazie di cuore. Chiedo la carità di una preghiera per me, per il sacerdozio e per decisione importante a circa 18
anni di ordinazione. Grazie