La scorsa domenica in Vaticano si è tenuta una celebrazione particolarmente importante per gli abitanti della Terra Santa: la canonizzazione delle due beate palestinesi Mariam di Gesù Crocifisso (Mariam Baouardy) e Mari Alfonsin Ghattas. Tale lieto evento si unisce ad un altro che lo precede di pochi giorni, il riconoscimento da parte di Papa Francesco dello Stato di Palestina.
La gioia si unisce alla gioia, anche se per il secondo avvenimento la realizzazione effettiva delle sue conseguenze non è affatto immediata né scontata.
La canonizzazione di alcuni testimoni da parte della Chiesa Universale ci obbliga ad interrogarci sulla chiamata universale alla santità. Un aspetto della vita cristiana che corriamo il rischio di trascurare. Ma cosa intendiamo per santità?
Molto spesso la santità è qualcosa che consideriamo davanti a noi, come un punto di arrivo soltanto, verso il quale (speriamo) ci sforziamo di camminare. Secondo la fede cristiana in realtà la santità è un fondamento, una base solida sulla quale costruire il nostro cammino, un dono. In effetti essa rappresenta anzitutto la vita di Dio in noi che riceviamo nel giorno del battesimo. Si tratta dunque di un punto di partenza, oltre che una meta alla quale tendere. Il Padre e il Figlio con lo Spirito Santo che abitano in noi dal giorno del nostro battesimo ci consacrano e ci fanno dimorare nella loro stessa vita. Un mistero ineffabile che sancisce il punto di appoggio della leva che ci fa innalzare fino alle vette della santità.
Da ciò si comprende che la santità è anzitutto una scoperta, la scoperta della presenza di Dio in noi: «Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: “Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”.Non è di là dal mare, perché tu dica: “Chi attraverserà per noi il mare, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica» (Dt 30,11-14).
Da questa essenziale premessa deriva la chiamata individuale alla santità che si sostiene sull’osservanza del comandamento di Dio. Per noi cristiani esso si traduce nella Persona e nella Parola di Gesù: il comandamento che siamo chiamati ad osservare è il «comandamento nuovo» di cui parla Gesù nel vangelo di Giovanni: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34).
E continuando a sostare sulle parole di Gesù che risponde alla domanda sul comandamento più importante possiamo leggere: «amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza». Amare Dio e i fratelli con tutto noi stessi è la legge fondamentale che siamo chiamati a seguire.
Si tratta di una legge allo stesso tempo semplice e difficile. È semplice perché non si tratta di un elenco ampio e complicato di precetti, ma è al contempo difficile perché l’amore è la regola più alta che un uomo possa seguire. Ma che cos’è l’amore? Molti poeti, scrittori, cantanti, teologi, hanno parlato e parlano dell’amore offrendone numerose definizioni. Solo un uomo nella storia lo ha vissuto perfettamente offrendone al contempo il senso ed i contenuti: Gesù di Nazaret. Da lui impariamo veramente cosa sia l’amore e quale sia la strada per poterlo vivere.
Tornando alle nostre sante dunque esse vengono canonizzate non in quanto operatrici di grandi prodigi. Molti da queste parti si soffermano su questo aspetto, soprattutto per quanto riguarda l’esperienza di Mariam Baouardy, una personalità fortemente segnata da esperienze mistiche e da gesti che hanno del prodigioso. È così i miracoli, le visioni, e quant’altro sembrano definire la misura della sua santità. Se così fosse il calendario cristiano presenterebbe un numero ridotto di santi, mentre sappiamo bene quanto grande sia la schiera dei testimoni, fedeli amici di Gesù.
La misura della santità di Mariam di Gesù Crocifisso e di Mari Alfonsin Ghattas è nient’altro che l’amore. Quel comandamento che così profondamente hanno seguito e che tutti noi possiamo ugualmente vivere. Esso diventa la strada maestra affinché «il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio» (Ef 3,17-19).
fratel Marco jc
Avevo seguito dalla stampa gli avvenimenti cui ti riferisci e conoscendo la passione che hai per la terra in cui vivi e per la questione palestinese, attendevo un tuo commento… Grazie per le riflessioni che lo accompagnano e lo sostengono ed in particolare per il contenuto molto profondo e concreto che riesci a dare al concetto di santità!