Francesca-Michele Mattia

Anche in questa Quaresima ci siamo proposti di riprendere i nostri incontri fraterni di riflessione-scambio. Vorremmo condividere semplicemente questi brani che riguardano in particolare il nostro ideale di vita quale “pendolo” tra la fedeltà a Dio e fedeltà agli uomini.

Quest’anno ritegno opportuno che facciamo la condivisione sui voti, così come sono espressi nelle nostre Lettere di famiglia. Però vorrei fare una premessa. La nostra comunità, che ha 47 anni, più i 3 di “rodaggio” a Casalecchio, è piccola, pur se tanti sono passati da noi e non sono rimasti. E questo piccolo numero con l’aumento dell’età e degli acciacchi, può dare un senso di scoraggiamento. Ma devo dirvi che non mi sento affatto nostalgico: abbiamo iniziato in due con Piero, convinti di finire in due e invece…! Certo continuo a pregare che arrivino nuovi fratelli, ma personalmente, essendo come si suol dire il “fondatore”, il primo della cordata, non sento alcun fallimento, quello che fa il Signore è sempre «una meraviglia ai nostri occhi»!

Unità 4Poi credo che sia anche nella natura stessa della nostra chiamata: se ci chiamiamo “piccoli fratelli di Jesus Caritas” c’è un motivo e non è certo perché vogliamo diventare “grandi”, questo lo voglio dire soprattutto ai fratelli più giovani. Non conta la quantità, e a vedere i discepoli di Gesù, non conta nemmeno tanto la “qualità”! Quello che era fondamentale è che l’unico centro della loro vita, il loro baricentro era Gesù e hanno puntato tutto su di Lui. Dunque non ci interessa tanto nemmeno la “qualità” in sé e per sé come virtù morale. Come ci siamo detti in questi 50 anni, quello che dobbiamo fare è cercare Gesù; guardiamo a Lui, parliamo a Lui e di Lui, questo mi sembra sia la cosa più importante. Dunque in questo duplice giubileo per noi, – anno santo e centenario foucauldiano – dobbiamo cercare un salto di qualità nel rapporto di amicizia con la PERSONA DI Gesù e nei rapporti tra noi fratelli.

Il resto non dipende da noi, le comunità nascono quando il Signore vuole e finiscono quando decide Lui. Non m’interessa nemmeno il fatto che la nostra fraternità continui a vivere, tanto più se dovesse perdere il suo spirito di essere centrata su Gesù. Poi non dobbiamo dimenticare che anche se siamo un piccolo numero e non siamo né ci interessa essere i primi della classe, siamo però religiosi, questa è la nostra vocazione. Essa si esprime nella Chiesa attraverso i consigli evangelici (i tre voti), valore che dobbiamo ravvivare in questo duplice anno santo.

Vita quotidiana 1Il religioso, stando a frère Charles è il monaco, colui a cui interessa solo Dio nella persona di Gesù e per questo si fa «legare le mani» da Lui consacrando la sua vita in castità, povertà, obbedienza. Nella misura in cui noi viviamo i voti, indipendentemente dalla grandezza o piccolezza della comunità, noi viviamo al nostro posto all’interno della Chiesa. Spesso invece, il fatto di essere preti, ci fa dimenticare l’essere religiosi. La nostra prima vocazione è quello di essere religiosi. L’essere prete, il servizio per gli altri, viene dopo; l’essere religioso, il servizio a Dio, viene prima! Siamo religiosi totalmente per Dio, siamo preti totalmente per gli altri. So che è un tema delicato, vigiliamo a vicenda, permettetemi queste osservazioni perché ben sappiamo che la porta stretta della fraternità ha come architrave la correzione fraterna. Sappiamo che non è un equilibrio facile e non c’è un segreto, se non quello dell’attaccamento a Gesù nella nostra vita. Gesù non ha fatto l’eremita, non ha fatto il monaco nel senso ordinario, ma è il Figlio che fa la volontà del Padre. Le due cose devono andare insieme. Questa è la nostra forza, se abbiamo avuto l’approvazione della Chiesa è proprio perché abbiamo portato avanti contemporaneamente le due cose, Dio e l’uomo. Essere religiosi e servire la Chiesa locale. Che poi è quello che padre Voillaume e Carlo Carretto ripetevano sempre su questa tensione – “pendolo” tra l’assoluto di Dio e l’assoluto dell’uomo.

Per essere tesi all’assoluto di Dio valgono tutte le norme, consuetudini che riguardano l’essere monaco (l’uomo solo di Dio), a cui aggiungiamo l’essere prete (uomo dell’Eucaristia) e l’essere missionario (fare che il Signore sia conosciuto). Sono grandi cose che nella vocazione del piccolo fratello diventano una cosa sola. Noi non abbiamo “opere”. Chi ci fa religiosi sono i tre voti sui quali occorre riflettere anche perché ci portano direttamente alla prima definizione della nostra vocazione che è quella di essere, nell’animo, monaci, come pensava Charles de Foucauld. Uscito dalla trappa sentiva comunque che la sua prima vocazione era quella del monaco (monòs, essere solo per Dio). C’è proprio un DNA nella vocazione del piccolo fratello che ha la preferenza per il silenzio, la preghiera semplice, che desidererebbe un ambiente eremitico-monastico prima di altri ambienti.

Eremo 1Allo stesso tempo siamo una comunità di presbiteri e quindi siamo chiamati a far conoscere in modo peculiare Gesù agli altri. Ripeto, lo sforzo di quest’anno è quello di saperci centrare in questo equilibrio, anche in vista del prossimo capitolo generale che celebreremo nel 2017 e che ritengo molto importante. La nostra vocazione è reale, ma reale al seguito di frère Charles. Quello che sentono alcuni sulla difficoltà di sentirsi pienamente preti lo conosciamo, però occorre non dimenticare che l’esser prete fa parte della vocazione di Charles de Foucauld. Lui è diventato prete per meglio imitare il beneamato Gesù e per servire i fratelli, dunque come dicevamo, bisogna convertirsi. Lo specifico della vocazione si scopre nel cammino e con l’età.

Per vivere una vita religiosa in cui Gesù sia il centro la Chiesa esige che noi facciamo e viviamo i voti e seguiamo le costituzioni. È per questo che la Chiesa ci ha riconosciuto. Le costituzioni mi richiamano a dei doveri che sono importanti per crescere nella vita di unione con Gesù: ritiro, lectio, adorazione. Perché questo spirito non venga meno, c’è bisogno della fedeltà alle costituzioni. Piero si ricorda che mettevamo un cartello con scritto «i fratelli sono in adorazione»… dunque fedeltà ai voti e alle costituzioni. Se manchiamo in questi il binario della nostra vocazione va in crisi o trova delle difficoltà. Abbiamo maturato una certa interiorità spirituale, ma allo stesso tempo se viviamo insieme dobbiamo cercare questo equilibrio, che certamente porta alla difficoltà di cui parla Gabriele. D’altronde la soluzione ideale non ci sarà mai. Coraggio, la strada è lunga!

fratel Gian Carlo jc

Francesca-Michela2