Gli interventi della mattinata si sono concentrati in profondità sulle riflessioni ecclesiologiche, politiche e spirituali della figura di Carlo Carretto. Informazioni di dettaglio sono reperibili nelle relazioni di fratel Gian Carlo e fratel Leonardo.
Partiamo proprio da fratel Leonardo sintetizzando il suo lavoro sulle fonti dell’ecclesiologia di Carretto. Sicuramente egli ereditò dall’infanzia un senso della Chiesa soprattutto esteriore (non in senso negativo, ma come luogo “ricco di segni, di sentimenti devozionali, di colori, di ornamenti liturgici, di luci, di candele, dove i riti, i canti e le processioni, avevano un grande posto”, come punto dove la comunità si ritrova, come giorno domenicale, come festa). Sarà l’esperienza giovanile nell’Azione Cattolica a dare l’avvio al travaglio che porta alla maturazione dalla Chiesa del “tempio” a quella della “comunità”, al luogo della chiamata alla santità di ciascuno, all’idea della madre misericordiosa “che confida unicamente nella grazia di Colui che è il più Forte”.
C’é in Carlo uno stile ed un pensiero che lo accomuna alle paure vescovo di Bruges mons. de Smedt (intervento durante i lavori del Concilio nel dicembre del 1962), la paura che la Chiesa non cada nel clericalismo, nel giuridismo e nel trionfalismo.
E’ possibile individuare i due amori di Carlo per Cristo e per l’Azione Cattolica; concludendo, ” La spinta al rinnovamento era più desiderata che praticata, lasciando però – e questo é il grande merito di Carlo Carretto – alla radicalità di Cristo e del Vangelo, una apertura che consentisse di non spegnere il fuoco (l Ts. 5,19). Carretto esprime con il suo attivismo e con il suo apostolato, con la sua parola e con il suo silenzio un intenso amore per la Chiesa, certamente segnato da inguaribile ottimismo o da ingenuità sorprendenti, ma sempre generoso e sincero.”
Per quanto concerne la figura di Carretto nei confronti dell’impegno politico facciamo riferimento alla relazione inviata dal professor Augusto D’Angelo ricercatore dell’università La Sapienza di Roma. Emerge il pensiero di fratel Carlo nel suo periodo romano (1946 – 1954) in contrapposizione a quello di Gedda: l’idea di quest’ultimo era infatti quella di schierare politicamente l’Azione Cattolica e costituire dei “comitati civici” cercando alleanze ed accordi con i monarchici e con altri partiti per evitare che nel 1948 potesse trionfare lo schieramento di sinistra. Pur adeguandosi alle decisioni dell’associazione Carretto era invece convinto che l’Azione Cattolica dovesse rimanere un organismo indipendente e vedeva il pericolo di uno “svuotamento spirituale” della stessa. Più che politica, la scelta di Carlo è dunque profondamente religiosa.
Grazie al nostro priore, fratel Gian Carlo Sibilia, abbiamo invece esplorato l’aspetto di un innamorato di Dio. Anzi, a pensare come Carlo Carretto, diremmo un “imbroglioncello” di Dio:
“Chi ha frequentato Carlo a Spello o in altro rapporto d’amicizia, ricorderà certamente che quando capitava di parlare del Paradiso, Carlo s’illuminava e rifacendosi all’Apocalisse (2,17 nel contesto della lettera alla Chiesa di Pergamo) s’immaginava di arrivare presso il Signore con il pugno chiuso e dentro la pietruzza bianca con il suo vero nome: imbroglioncello, perché avvertiva che pur nel cammino della fede non poche volte cerchiamo di barare perché siamo fragili, deboli e – qualche volta- anche mascalzoni. E Carlo sorrideva”.
La scoperta più grande, guardando al suo esempio, è quella della fede: egli vedeva Dio in tutti gli avvenimenti, Dio è presente in tutte le tappe della nostra vita, non solo negli avvenimenti più importanti, ma in qualsiasi momento! D’altronde occorre ribadire che nelle diverse fasi di vita di Carlo c’è una forte UNITA’ spirituale: da questo punto di vista non c’è un prima e un dopo il deserto, né un prima e un dopo Spello. La struttura portante della sua vita è costituita dunque dalla roccia, dalla colonna portante della Fede, testimoniata nella gioia e nella semplicità.
Tale unità si riscontra anche dai suoi diari e citiamo a titolo di esempio quanto scrive nel periodo di “esilio” in Sardegna come direttore didattico, il più giovane direttore didattico d’Italia:
“O Dio aumenta la mia fede. Sono preoccupato tutte le volte che mi accingo a compiere un’opera. Troppo sento il mio io e ho paura che questo soffochi il disegno di Dio. Gesù, io protesto questi sentimenti. Io Ti amo e voglio odiare sempre di più questo mio noiosissimo, antipatico, puzzolente, tronfio e gonfio io che mi disturba. Se poi è una tentazione, dammi forza per vincerla perché io voglio essere come mi vuoi Tu, docile, proprio ubbidiente come vuoi Tu, senza preoccuparmi eccessivamente di queste faccende che dopo il nostro patto a Te appartengono. Gesù, Ti amo. Vado ora a dormire e vorrei durante l’incoscienza del sonno dirTi “Ti amo” a ogni battito del cuore”.
Concludiamo allora con fratel Giancarlo: Carretto “è stato un grande innamorato di Gesù, lo ha seguito in ogni modo con tutti i suoi limiti – appunto imbroglioncello – ma ansioso di non perdere il passo del suo Maestro a qualunque prezzo e come ha fatto continua ancora dal Paradiso a dire: GESU’. Gesù, come una volta quaggiù in tempo opportuno e inopportuno – ora – con la sua intercessione e con i suoi scritti”.
Giovanni Marco