È da qualche tempo che desideravo scrivere un post sulla situazione da queste parti. Forse perché sento che tutto è diventato normale. E non solo da qualche tempo a questa parte. La mia titubanza è dovuta al fatto che rimango senza parole di fronte all’immane dramma di questa regione.
Niente di nuovo, perché tutto prosegue come sempre. Niente di nuovo in Siria e in tutte le zone colpite da questa sorta di guerra civile dove sembra che tutti combattano ancora contro tutti: il califfato, le forze governative, i ribelli anti regime… Niente di nuovo perché tutto continua come prima. La guerra non si è conclusa anche se ora fa meno notizia e se ne sa di meno.
Le notizie che arrivano sono talmente drammatiche che si fa fatica ormai anche solo ad ascoltarle. E quello che ci arriva non riesce neppure a farci immaginare il dramma di questo paese. Il caso dell’ultimo pediatra di Aleppo (di quella parte della città ancora controllata dai ribelli), Mohammed Wasim Moaz, ucciso in un raid è solo uno degli innumerevoli episodi di inaudita sofferenza e disperazione. Arrivano da molte fonti immagini e commenti che descrivono lo stremo delle forze al quale è arrivata questa popolazione. il Servizio dei Gesuiti per i rifugiati (Jrs) della regione Medio Oriente e Nordafrica (Mena) a seguito di «un’eccezionale ondata di violenza, come misura precauzionale in Siria ha sospeso, con grandissimo rammarico, con effetto immediato tutte le attività (centri di distribuzione aiuti, ambulatorio, mensa) ad Aleppo fino a nuovo ordine». Gli stessi Gesuiti commentano con questa frase lapidaria: «Siamo allo stremo».
Manca tutto, c’è l’urgenza assoluta di fermare questo massacro. Ma nessuno risponde in un modo efficace.
Monsignor Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo descrive la situazione: «La situazione è drammatica: la città divisa in due, a ovest i governativi e a est i ribelli asserragliati nella città vecchia. L’80% della popolazione è senza lavoro. E i bombardamenti durano da mesi. Ma sull’ospedale vorrei dire una cosa: bisogna fare attenzione, i media occidentali parlano di Siria solo quando attacca l’esercito di Assad. […] Per l’Occidente Assad uccide i bambini e i pediatri, mentre i ribelli islamisti sono degli angeli». E aggiunge: «La Turchia è a 40 km dalla città, ogni giorno manda nuovi combattenti». Nella stessa intervista fa nomi e cognomi degli stati che finanziano e di coloro che sono i mandanti.
Ma non c’è niente di nuovo. L’indifferenza generale persiste…
Ci preme fare queste osservazioni nella giornata internazionale di preghiera per Aleppo che credo sia passata tranquillamente inosservata in buona parte del mondo e della Chiesa.
Si, perché la preghiera rimane un arma che tutti possiamo utilizzare. Anche perché l’uomo sembra ormai immerso nel baratro dell’indifferenza e non riesce a fermare questo orribile scempio dell’umanità.
fratel Marco jc
Non ci sono altre parole se non quelle forti e potenti della preghiera!
Se tutti ne fossimo consapevoli uniti e convinti ne sperimenteremmo l’efficacia!
Signore tu solo puoi!
Alleluia!
Ci siamo assuefatti alla guerra reale, combattuta a spese della vita di migliaia di bambini, donne e anziani esattamente come se assistessimo alla proiezione di un film. La vita, la morte hanno perduto il loro più alto e tragico significato. Siamo obnubilati dalla irrealtà che diventa realtà e abbiamo smarrito la dimensione umana e soprattutto cristiana della vita.
La terza guerra mondiale che Papa Francesco non si stanca mai di denunciare a tutto il mondo, è scoppiata ma viviamo altrove. Ogni tanto pensando al nostro tanto amato ed esaltato occidente mi viene in mente quella frase del Vangelo dove si parla di “sepolcri imbiancati”.
Siamo forse già morti ma nessuno osa dircelo.
Che la preghiera possa illuminare le menti e i cuori di noi tutti.