La migrazione, si sa, da sempre ha accompagnato la storia dell’umanità, da quando i nostri antenati si spostavano di terra in terra alla ricerca di condizioni migliori di vita, al fine di sopravvivere alle numerose difficoltà di vario genere che hanno caratterizzato fin dall’inizio la vita umana.

Non è dunque una situazione nuova quella che l’uomo moderno si trova a fronteggiare particolarmente nel passato recente e nel presente. La giornata mondiale dei migranti, che abbiamo celebrato oggi (domenica 15 gennaio) è indubbiamente un’occasione che tocca tutti in prima persona: chi, come noi, che abitiamo in “terra straniera” e coloro che rimangono nei loro paesi ma sono a contatto con molte persone che sono state costrette o hanno scelto di abbandonare le loro terre per trovare opportunità nuove per la loro vita.

In tale occasione Papa Francesco ha rivolto un messaggio molto efficace al mondo intero ed in particolare alla Chiesa toccando un risvolto particolarmente doloroso di questo fenomeno: la ricaduta che la migrazione ha, soprattutto quella dovuta alla fuga da paesi in guerra e in situazione di grande violenza, sui minori e in particolare sui bambini.

“Sono in primo luogo i minori a pagare i costi gravosi dell’emigrazione, provocata quasi sempre dalla violenza, dalla miseria e dalle condizioni ambientali, fattori ai quali si associa anche la globalizzazione nei suoi aspetti negativi. La corsa sfrenata verso guadagni rapidi e facili comporta anche lo sviluppo di aberranti piaghe come il traffico di bambini, lo sfruttamento e l’abuso di minori e, in generale, la privazione dei diritti inerenti alla fanciullezza sanciti dalla Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia” (Messaggio per la giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2017, Migranti minorenni, vulnerabili senza voce).

E come già ricordava Papa Benedetto in un passaggio citato dal suo successore: “questi ragazzi e ragazze finiscono spesso in strada abbandonati a sé stessi e preda di sfruttatori senza scrupoli che, più di qualche volta, li trasformano in oggetto di violenza fisica, morale e sessuale” (Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2008).

La visione di Papa Francesco è sempre illuminante e profetica ed invita ad “affrontare nei Paesi d’origine le cause che provocano le migrazioni. Questo esige, come primo passo, l’impegno dell’intera Comunità internazionale ad estinguere i conflitti e le violenze che costringono le persone alla fuga. Inoltre, si impone una visione lungimirante, capace di prevedere programmi adeguati per le aree colpite da più gravi ingiustizie e instabilità, affinché a tutti sia garantito l’accesso allo sviluppo autentico, che promuova il bene di bambini e bambine, speranze dell’umanità”.

Troppo poco si pensa a questa conseguenza dello spostamento di grandi masse di popolazioni e troppo spesso si è presi dagli interessi egoistici che ci provocano spavento di fronte al diverso e allo straniero.

La storia biblica stessa, del Primo come del Secondo Testamento è permeata da questo incessante movimento di singoli, gruppi e interi popoli, alla ricerca di una terra in cui vivere e in cui poter affrontare il futuro.

Accoglienza sì o accoglienza no? Sembra che il mondo, soprattutto quello cosiddetto sviluppato, debba dividersi in queste due categorie. Senza pensare poi che il problema non è tanto se accogliere o meno, ma come accogliere! Assistiamo da tempo ad un lento ma progressivo e inesorabile tentativo di cancellazione delle radici dell’Occidente (in particolare quelle legate alla tradizione cristiana), che spinge a dimenticare la propria storia, i propri valori per poi aprirsi solo ideologicamente ad un’accoglienza usata ai fini di rendere ancora più pesante il distacco dal nostro passato. Questa modalità di accoglienza senza un’identità precisa può essere, questa si, pericolosa, perché mina alla radice la possibilità di un dialogo vero e di una autentica integrazione.

E a pagarne il prezzo sono prima di tutto i piccoli, i bambini, che, quando non sono toccati dai crimini gravissimi che il papa ha ricordato, devono affrontare una sfida troppo grande per loro, quella di trovare un’identità sicura che il mondo adulto gli nega anche per una ideologica presa di posizione. Non possono così confrontarsi serenamente con i valori della propria storia e con quelli del “nuovo mondo” che li accoglie.

La preghiera diventa urgente. Avvertiamo la necessità di chiedere al Signore di cambiare il cuore delle masse e dei singoli, per creare una nuova capacità che sappia prendere sulle proprie spalle i drammi dei più poveri e dei più abbandonati. Sappiamo che Gesù, che da poco abbiamo contemplato nel mistero del Natale, ha vissuto sulla propria pelle la condizione del profugo, del rifugiato, dell’emarginato. Vieni Signore Gesù e cambia le sorti di questa umanità ripiegata su sé stessa e rendila capace di quell’amore che solo può generare giustizia e compassione.

fratel Marco jc