Non si sono ancora spenti i riflettori sul centenario della morte del beato Charles de Foucauld. Lungo tutto il 2016 si sono svolte tante attività un po’ ovunque, là dove sono presenti i Fratelli e le Sorelle che in vari modi testimoniano di aver incontrato un giorno nella loro vita il “piccolo fratello di Gesù”, fère Charles. In diverse occasioni anche noi abbiamo ricevuto degli inviti per intervenire in conferenze, ritiri, incontri di formazione, gruppi parrocchiali, incontri di preghiera, ecc. L’ultimo momento “assai forte” è stato presso la “nostra” Abbazia del Goleto in S. Angelo dei Lombardi, Irpinia. Sabato 28 gennaio, in occasione della Giornata per la Vita consacrata, il vescovo mons. Pasquale Cascio, oltre a religiosi e religiose ha voluto estendere l’invito al clero diocesano e ai laici che fossero interessati. Direi che l’iniziativa è stata ben organizzata e ben partecipata.
In questi incontri puntiamo solitamente a far emergere l’opera che lo Spirito Santo ha realizzato nella vita di Charles, quello che la Teologia spirituale chiama le “energie” o i “dinamismi” che portano quel poco di “argilla” che è l’uomo, lentamente plasmato, a diventare un CAPOLAVORO nelle mani di Dio. È l’esperienza spirituale dei Santi, la fede vissuta a partire da un “incontro personale” che determina il presente, ma soprattutto l’avvenire dell’esistenza della persona. Credo lo si possa applicare a ogni santo che troviamo nella letteratura cristiana, nel martirologio come nei testimoni non riconosciuti ufficialmente dalla Chiesa, e nelle tante persone che ognuno di noi ha incontrato. Frère Charles a proposito dei santi aveva le idee chiare: «Guardiamo i Santi, ma non attardiamoci nella loro contemplazione, contempliamo con essi colui la cui contemplazione ha riempito la loro vita… prendendo di ciascuno ciò che sembra più conforme alle parole e agli esempi di nostro Signore Gesù, nostro solo e vero modello, servendoci così delle loro lezioni, non per imitare essi, ma per meglio imitare Gesù».
Tra le energie dello Spirito che agiscono nel cuore del cristiano vi è innanzitutto la “metanoia”, ossia la conversione intesa in senso ampio. Per frère Charles determinante è stato l’incontro con Gesù nella chiesa di Saint-Augustin nel 1858: «Appena credetti che Dio esiste non ho potuto fare diversamente che vivere solo per lui», dirà un giorno a H. de Castries; e a Gabriel Turdes: «È il segreto della mia vita: ho perduto il mio cuore per questo Gesù di Nazaret crocifisso 1900 anni fa e passo la mia vita a cercar di imitarlo per quanto possa la mia debolezza». Dunque una “conversione” intesa come autentica metanoia nel senso di un continuo “convergere” verso la persona dell’«Amatissimo Fratello e Signore Gesù». Quando Dio irrompe nella vita del credente, l’uomo vecchio lascia il posto all’uomo nuovo: da quel momento, nonostante le “desolazioni” della vita spirituale, il discepolo di Gesù persevera nel suo proposito. La sua esistenza – di frère Charles – diventa un vivere «supplicando, immolandomi, morendo, santificandomi, infine amando».
Un’altra “energia” dello Spirito è descritta dagli autori spirituali come il «mutamento dello sguardo». Seguendo l’itinerario spirituale di Charles possiamo cogliere nell’incontro “personale” con Gesù il cambiamento forte avvenuto nella sua anima. Si scorge in lui quel vedere il mondo con gli occhi di Dio: rinuncia a tutto, ai suoi cari, ai suoi progetti e al futuro promettente che lo attendeva. Va alla ricerca dell’ultimo posto, «alla ricerca della pecorella più smarrita», entrerà in contatto con gli abitanti del Sahara, «per cercar di comprenderli e di amarli» perché li considera fratelli di Gesù, si batterà duramente contro la schiavitù… Ma per poter vedere il mondo con gli occhi di Dio è necessario leggere la Parola: «Vi insegno che bisogna leggere, rileggere, studiare incessantemente i Libri Sacri, in primo luogo per amore verso di Lui che dovete ascoltare quando vi parla, poi anche per trovarvi delle regole per pensare, parlare, agire come vuole che facciate» (Meditazione su Mt 26,29-30).
Lo Spirito suscita in frère Charles anche il desiderio di abbassamento o «imitazione della santa abiezione». Egli è preoccupato di imitare il più possibile la vita di Gesù. Oltre a fare i primi passi, ossia la «rinuncia a tutto ciò che non è Dio», cerca di imitare le virtù di Gesù di Nazaret, fino a quando s’imbatte con Fil 2,5-11: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono di Cristo Gesù». Da quel giorno l’opera principale di frère Charles sarà l’imitazione della kenosis del Figlio, dell’abbassamento di Gesù. Da ricco che era si fece povero, obbediente, fino alla morte: «Gesù scese con loro, ed andò a Nazaret, ed era loro sottomesso. Scese, sprofondò, si umiliò… fu una vita di umiltà: Dio, apparivi uomo, costituivi l’ultimo degli uomini: fu una vita di abiezione, scendesti fino all’ultimo tra gli ultimi posti»… La sequela di Gesù è descritta da Charles con la categoria dell’imitazione. L’imitazione della vita di Gesù abbraccia la totalità del mistero dell’Incarnazione e frère Charles cercherà di imitare quel movimento discendente percorso dal Figlio unigenito. La vita ascetica, la preghiera, l’esercizio delle virtù avranno come scopo l’imitazione più perfetta della persona di Gesù. Tale movimento discendente diventa anche il filo rosso del suo itinerario spirituale. Mentre altri Santi hanno adoperato le immagini che portano verso l’alto: la scala, la montagna, il castello interiore con i vari piani, l’ascensore… Charles vede nella vita di abiezione la strada perseguibile per raggiungere la perfezione evangelica.
L’abiezione è sinonimo di rinuncia, obbedienza, povertà, la ricerca dell’ultimo posto. Tutto ciò in vista di annunciare Gesù agli altri. Quindi per frère Charles, evangelizzare vuol dire testimoniare, soprattutto con la vita. Il discepolo di Gesù deve «gridare il vangelo con la vita». Infine, evangelizzare significa portare Gesù agli altri. Perché lo Spirito possa agire nell’uomo è indispensabile aprirsi alla Grazia, mediante la conversione, la perseveranza e soprattutto la preghiera, quel dialogo amorevole col Signore, così come Charles lo descrive limpidamente a Marie de Bondy il 16 dicembre 1905: «Cerco di fare giorno per giorno la volontà di Gesù ed ho una grande pace interiore… Non tormentatevi nel sapermi solo, senza amici, senza aiuto spirituale: non soffro affatto di questa solitudine, ma la trovo dolcissima; ho il Santissimo Sacramento».
fratel Cruz Oswaldo jc