Nell’ultimo incontro di revisione di vita il nostro fratello Paolo ci ha condiviso la lettura di un testo di padre Voillaume che da tempo non ci passava sotto mano. Durante il suo ritiro gli è capitato di ritrovare una lettera del padre René scritta da Nazaret nel giugno del 1948. Una lunga lettera che tiene in considerazione “tutte le fraternità presenti e future”, offerte dal padre Voillaume a Gesù operaio nella sua terra.
Ci siamo sentiti dunque immediatamente coinvolti nel suo pensiero e nella sua preghiera anche se, come è noto, il ramo costituito dalla nostra fraternità ha altre origini e un’altro iniziatore. È però chiaro per tutti che in René Voillaume, fondatore dei Piccoli Fratelli di Gesù e del Vangelo, si debba riconoscere una personalità di particolare rilievo per tutta la famiglia spirituale di Charles de Foucauld.
La descrizione che fa di Nazaret di quel tempo è molto precisa e realista, non senza una sottolineatura un po’ critica verso quelle “costruzioni pesanti e troppo imponenti dei conventi e dei monasteri” che stonano con il messaggio che questa città porta nel suo cuore dall’annunciazione in avanti. Dalle prime battute emerge l’attenzione verso il mistero della vita nascosta e della vita ordinaria che caratterizzano il passaggio di Gesù a Nazaret e che meglio si riconosce “nelle strade asfaltate, le linee elettriche, le automobili e gli autobus, le camicie americane dei giovani nazaretani”. Voillaume scrive in uno dei mesi successivi alla cosiddetta guerra di indipendenza nella quale è avvenuta l’autoproclamazione dello Stato di Israele. Egli descrive in modo assolutamente preciso e cosciente l’atmosfera che si respira, gli accenni di rappresaglie, il dramma dei rifugiati, come pure riesce a intravvedere “la dolcezza unica” che si coglie nella contemplazione del mistero di Nazaret.
Nella Nazaret così dipinta il padre René esprime il suo sogno: “Ho detto che la città è piena di conventi ma, ciò malgrado, il nostro posto resta ancora segnato, e sono sicuro che in un giorno non lontano vi saranno dei Piccoli Fratelli a Nazaret, perché nessuno vi conduce quella vita religiosa tutta persa nell’umile povertà quotidiana delle famiglie del villaggio, sognata da Padre de Foucauld”.
Ci siamo sentiti parte di questo sogno. Alla pluridecennale presenza delle Piccole Sorelle di Gesù, da venti anni, si è aggiunta a Nazaret la presenza di alcuni Piccoli Fratelli di Jesus Caritas, la nostra povera ma significativa testimonianza. Una presenza per certi aspetti silenziosa, come in parte sognava p. Voillaume, e allo stesso tempo vicina “nell’amicizia al lavoro, alle difficoltà e alla povertà degli uomini del nostro secolo”.
Una vita religiosa che, proprio per sua natura, è di difficile comprensione per gli uomini di oggi. Una vita religiosa, quella dei Piccoli Fratelli, che ancor più sopporta il peso del senso di una presenza di questo tipo: senza opere sociali a testimoniare l’utilità del nostro lavoro; senza “castelli” in cui abitare che possano indicare una speciale dignità e realizzazione di vita. Una fraternità che vive una vita troppo simile a quella di tanti che affollano le strade della Terra Santa di oggi, senza abiti particolari o segni distintivi a marcare il confine tra sacro e profano.
Lo stile che individua è quello di una sana e piena libertà propria dei figli di Dio: “Il vostro ideale non sia mai rigido, sappia adattarsi con grande amore a tutte le situazioni, a tutti gli ambienti sociali. La nostra perfezione religiosa consiste molto più nella ricerca di questa costante cura di restare umilmente fraterni a tutti, che non nella preoccupazione di una regolarità eterna”.
Da Nazaret poi al mondo intero, intravedendo la ricca diversità che avrebbero preso le numerose fraternità sparse nei vari continenti, anche a partire dalla ricchezza che ogni personalità porta all’interno della famiglia: “Voi sapete quanto vorrei che ognuno di voi potesse trvare nelle Fraternità lo sviluppo più completo della sua vocazione particolare, nella semplicità dell’ideale comune a tutti. È cercando di leggere in ognuna delle vostre anime l’appello di Gesù che penso al vostro futuro orientamento”.
L’augurio conclusivo ci sembra particolarmente toccante e significativo: “Ho domandato per voi tutti questa grazia [di accettarvi così come siete, il che è così raro!], pregando nel luogo stesso in cui Maria rispose con il suo Fiat al messaggio che l’Angelo le trasmetteva. Ho chiesto, come grazia permanente per tutti i Piccoli Fratelli, l’umile accettazione del loro destino personale, nel dono generoso di loro stessi al momento presente” perché “tutto ciò che è fuori della realtà dell’istante che passa non è che sogno, velleità, illusione” e perché “l’amore non esiste se non è totalmente realizzato”.
fratel Marco jc
nella lettera Padre René scrive anche,
“… Vi è anche il convento delle Clarisse, ai bordi della grande strada,
e racchiude tra le sue mura la calma del giardino da cui emergono i cipressi.
I luoghi sono un po’ cambiati. Un nuovo monastero è stato innalzato,
ma gli antichi edifici e la cappella che vide Fratel Carlo per tante
lunghe ore immobile davanti al Santissimo
sussistono sempre e sono occupati da alcuni rifugiati”.
E’ qui che che ho vissuto giorni belli di fraternità, di preghiera silenziosa,
di deserto, di silenzio, di semplicità, di lavoro, di libertà,
lontano dalle situazioni quotidiane e dagli impegni familiari.
Grazie, un abbraccio!
pia