Vi ho spedito una mia lettera da San Gildas del 17 marzo scorso, su ciò che potrei chiamare «la seconda chiamata di Gesù», quella chiamata che ci fa ripartire verso di lui nella piena maturità della nostra vita umana e spirituale. È solo a partire da questo momento che apparteniamo realmente e totalmente a Dio. Ma non mi pare di avervi detto tutto.
Sono spesso preoccupato della duplice continua esigenza della nostra vita: distaccarci da tutto e, tuttavia, donarci agli uomini. Poiché è proprio così, né vi è modo di evitare questi aspetti contradittori della nostra consacrazione religiosa. Sì, dobbiamo distaccarci da tutto, non tenere a nulla, assolutamente a nulla, come se stessimo per entrare nel noviziato di una Certosa! È il “niente” di san Giovanni della Croce che Padre de Foucauld ha commentato con tanta forza per se stesso nel capitolo della sua regola intitolato distacco da tutto ciò che non è Dio: sì, tutto ciò che non è Dio… dunque gli affari umani e gli uomini stessi. Distaccarci dai nostri fratelli? Come è possibile!
Conosco molti cristiani che si indignerebbero nel sentirmi parlare così. E tuttavia è vero. Essere distaccati da tutto ciò che ci può essere di soddisfazione egoista nelle relazioni umane, nell’amore umano, nella stessa amicizia, non significa non amare gli uomini con il cuore di Dio, ma indica che amarli in questo modo non è così facile come sembra e che, forse, bisogna passare prima per una purificazione che, in certo modo, ci separa da loro. Non bisognerebbe forse vivere degli anni nel deserto per divenire capaci di essere un vero Piccolo Fratello? Sì,… forse. Si dirà che Padre de Foucauld l’ha fatto e questo è profondamente vero. In ogni caso dobbiamo inoltrarci su questa via del distacco da tutto ciò che non è Dio, perché se minimizziamo quest’esigenza, non potremo divenire dei veri Piccoli Fratelli di Gesù.
Penso tuttavia a questa esigenza di presenza in mezzo agli uomini, a questa accettazione di essere responsabili degli uomini davanti al Cristo, a questo condividere delle condizioni di vita che ci rituffano sino al collo negli affanni e nelle preoccupazioni più materializzanti della vita quotidiana dei laici. Questa è anche la nostra strada ed io credo precisamente che noi, poveri Piccoli Fratelli, nella nostra debolezza impareremo a mantenerci fedeli attraverso questa dipendenza da un dono affettivo agli uomini. È in questa presenza ed attraverso le sue esigenze che dovrà realizzarsi questa spogliazione. Abbiamo certo bisogno del deserto, ma non per sempre. Noi non siamo monaci né eremiti anche se dobbiamo possedere la loro stessa disposizione essenziale di distacco radicale da tutto il creato. Non siamo degli eremiti ed io penso, anzi, che non potremo raggiungere la generosità totale e conservarla, soprattutto nel periodo della seconda chiamata di Gesù, se non avremo donato la nostra vita a degli uomini per salvarli. Sì, noi siamo votati a prendere sulle nostre spalle il fardello di altri uomini, con tutto quello che ciò rappresenta in certe ore di peso e di fatica […]
La prima chiamata di Gesù ci ha separati dalle cose possedute, da un mestiere, da un avvenire umano, dalla famiglia, dalla casa, in una parola dal mondo, come Gesù ha improvvisamente strappati Pietro, Giacomo e Giovanni al loro battello, agli strumenti da pesca, ai loro compagni ed alla loro famiglia, come ha strappato Matteo al suo banco ed ai suoi amici nell’ultimo festino. Poi vi è stata la novità esaltante della prima scoperta di Gesù, un sincero desiderio di amarlo, nato da un moto di simpatia spontanea per Lui, una formazione progressiva attraverso il suo insegnamento, l’esperienza di un regno di Dio diverso da quello ch’essi avevano immaginato, ed infine la prova della Passione con le sue conseguenze: lo scoraggiamento, la paura, la fuga davanti alla croce nuda ed insanguinata e forse, anche, come per Pietro, la triplice caduta…
Allora risuonò la seconda chiamata di Gesùin piedi sulle rive del lago mentre i discepoli erano quasi ripresi dal gusto delle attività di prima. Questa chiamata viene da un Cristo che non appartiene già più completamente alla terra e che, questa volta, non strapperà gli apostoli soltanto alle cose ed alle attività, ma a loro stessi donandoli agli uomini in nome dell’amore ed affinché possano fornire la prova: come i pesci costringono il pescatore alla schiavitù del lavoro di giorno e di notte: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami tu? Pasci le mie pecore» (Gv 221,1-19). Lo stesso avviene per ognuno di noi.
René Voillaume, La seconda chiamata, 24 marzo 1957, in: Sulle strade del mondo.
Questa riflessione è molto affascinante,ma molto impegnativa xchè esige l’abbandono di tutti i beni materiali che condizionano e facilitano la nostra vita giornaliera . Occorre una grazia particolare dal RISORTO !!!!
Cosa renderò al Signore, per tutto quello che mi ha dato? Me ne rendo conto anche in questi giorni durissimi che sto vivendo, percorsi da prove dolorose . Frequentando Spello fin dagli esordi della comunità di f. Carlo vi ho incontrato là alcune volte père Voillaume: una volta mi invitò a Montpellier, dove purtroppo non andai.
Ho conosciuto anche petite soeur Magdeleine: di lei ricordo una carezza affettuosa sulla testa e un piccolo Bambin Gesù che lei mi regalò e che, purtroppo, mi venne rubato.
Poi fratel Carlo, che mi ha dato tanto e mi ha aperto il cuore alla preghiera in una notte indimenticabile sotto le stelle del Subasio.
Adesso Dio mi ha spogliato del tutto: mi trovo senza più nulla e nessuno.Ma penso che forse sia la condizione sulla quale Lui potrà costruire cò che voleva da me, in quegli anni lontani, secondo lo spirito del Père Charles de Foucauld.