Prende il nome da san Marone, un eremita della Siria morto circa nel 410, amico di San Giovanni Crisostomo e ricordato, con una breve biografia da Teodoreto di Ciro nella sua Religiosa Historia.
Sembra che il monastero di Beth Marum, i cui monaci scrissero una lettera a papa Hormisdas (514-523), sorgesse presso la sua tomba. Da questo monastero i monaci si diffusero in tutta la regione e acquistarono fama, soprattutto per il loro impegno dottrinale nella difesa della fede propugnata da Calcedonia. Al Concilio Costantinopolitano II (553) si distinse l’abate Alessandro. L’importanza di questi monaci attirò su di loro violente persecuzioni: ne morirono più di trecento nel 517 e più di cinquecento nel 694.
Proprio in questo secondo periodo di persecuzioni compare, secondo la tradizione, la figura di Mar Yuhanna Maro (san Giovanni Marone) quale primo patriarca maronita. Il che sta a significare che i numerosi monaci erano seguiti da una comunità ormai fiorente.
Giovanni Marone ebbe vita difficile. Perseguitato e costretto più volte a fuggire, si stabilì infine nella città di Kfarhay, presso Batrun in Libano. Qui morì nel 707. In Libano lo avevano seguito monaci e fedeli. Ma fu soprattutto nel nono secolo che i maroniti si rifugiarono in massa nelle più sicure foreste del Libano per sfuggire alla progressiva islamizzazione.
L’arrivo dei crociati e la collaborazione con essi portò i Maroniti ad allacciare i rapporti con la Chiesa di Roma e il patriarca Geremia di Amshit (1199-1230) partecipò al Concilio Lateranense IV (1215). Quando, in seguito, il patriarca Sim’an II (1245-1277) accolse i crociati in fuga, da Gerusalemme prima e da Antiochia poi, papa Alessandro II (1254-1261) gil affidò la cura pastorale delle famiglie latine rimaste in Libano. La Sede Apostolica, poi, come attestato di gratitudine, lo nominò “Patriarca di Antiochia” nel 1268.
Durante questo periodo il monastero di santa Croce in Sassovivo, presso Foligno, che stava vivendo il momento più fulgido della sua storia millenaria, allacciò stretti contatti con la Chiesa Maronita. E la comunione era così sentita da far si che una reliquia preziosa, il cranio ritenuto di san Marone, passasse dal Libano in terra umbra. È tornata a Batrun, con grandi onori, nel 2000. Il Patriarca maronita Cardinal Sfeir e il Vescovo di Batrun hanno voluto esprimere la loro grande gioia e gratitudine guidando nel 2001 un folto gruppo di cristiani maroniti al monastero di Sassovivo per consacrare, insieme al Vescovo Arduino Bertoldo, la cripta di san Marone, divenuta il cuore pulsante della comunità dei Piccoli Fratelli di Jesus Caritas, dopo i restauri a seguito dell’ennesimo terremoto.
Continuando a scorrere la storia possiamo dire che i rapporti con Roma da parte della Chiesa Maronita si andarono intensificando con papa Eugenio IV (1431-1447). Al Concilio di Firenze poi anche i Maroniti di Cipro firmarono la piena comunione (1445). Fu poi un crescendo che portò alla fondazione del Collegio Maronita di Roma. Atto che stava a significare anche una crescente latinizzazione. Questo non creò solo problemi all’interno della Chiesa Maronita, ma suscitò anche preoccupazione nelle altre Chiese Cattoliche Orientali e grossi sospetti nel governo ottomano. Fu stravolta anche la vita monastica, forza motrice della comunità ecclesiale, con il passaggio dalla forma locale alle congregazioni di tipo occidentale. Tutto questo spinse il pur fedelissimo Patriarca Stefano Al-Duwayhi (1670-1704) a lamentarsi con Papa Innocenzo IX scrivendo queste testuali parole: “i Maroniti sono odiati soprattutto per causa vostra” (diembre 1591). Tuttavia la latinizzazione fu confermata dal più importante sinodo della Chiesa maronita tenuto nel monastero di Louaiza nel 1736, durante il pontificato di Clemente XII (1730-1740). Nel 1790 il patriarcato si trasferì a Bkerke sulla collina di Harissa presso Juniah, dove è ancora oggi.
I Maroniti per molto tempo avevano goduto di una certa autonomia davanti al governo ottomano e questo aveva permesso la pacifica convivenza tra le varie componenti religiose del Libano. Ma dalla seconda metà del XIX secolo le cose cambiarono e i Maroniti furono sottoposti ad orrendi massacri da parte dei Drusi, una setta mussulmana eretica sorta in Egitto e poi trasferitasi anche in Siria e in Libano. I Drusi potevano agire perché spalleggiati dal governo ottomano. Dovettero intervenire alcune nazioni europee, soprattutto la Francia, che dal 1600 era la protettrice dei cattolici dell’impero ottomano.
I Maroniti altre persecuzioni le subirono dal governo ottomano durante la prima guerra mondiale.
Queste tragedie e la guerra civile che nel 1975 di nuovo insanguinò il Libano, ormai Stato libero e florido, spinse molti cristiani ad emigrare, così che oggi i maroniti all’estero sono circa la metà del loro numero.
Oggi l’instabilità interna e i problemi con i vicini stati di Siria e di Israele sono causa periodica di grandi timori.
Per quanto riguarda la vita ecclesiale, dopo i gravi problemi della latinizzazione in campo liturgico, e non solo, con il Concilio Vaticano II c’è stato un grande recupero dei caratteri peculiari della liturgia originaria. Vivendo a Nazaret, dove c’è una vivace comunità maronita guidata da Abouna Joseph Issa, possiamo testimoniare la bellezza di questa liturgia fortemente coinvolgente. Anche in occasione dei festeggiamenti dei 1600 anni della morte di san Marone ne abbiamo avuto ulteriore conferma.
La Chiesa Maronita conta 26 eparchie (diocesi) di cui 13 in Libano, tre in Siria, una a Cipro, una in Israele, una in Egitto, una in Brasile, una in Argentina, una in Messico, due negli Stati Uniti, una in Canada, una in Australia. E tre esarcati patriarcali: uno a Gerusalemme, e due in Giordania.
Il numero dei cristiani maroniti, data la forte diaspora è diversamente conteggiato. Dopo ripetuti raffronti con le varie statistiche e a correzione di quanto scritto in un precedente articolo crediamo che si avvicini di più alla realtà quanto riportato da Alberto Elli nella sua ottima “Breve storia delle Chiese Cattoliche Orientali” a pagina 55, pubblicato dalle Edizioni Terra Santa di Milano nel 2010 e cioè 3.200.000 circa. È dunque la Chiesa Cattolica Orientale sui iuris più numerosa.
Il patriarca è dal 1986 il Cardinal Nasrallah Pierre SFEIR.
I Maroniti hanno dato alla Chiesa numerosi santi, tra i quali, oltre san Marone, il famoso Charbel.
fratel Alvaro