La visita agli ammalati per portare loro il Sacramento dell’Eucaristia è un momento molto semplice, ma anche molto bello e profondo. Credo che abbia due “stratificazioni”. Anzitutto è vissuto da noi fratelli e anche recepito da chi lo riceve come gesto di grande attenzione a chi non può venire in Chiesa. Già solo per questo è importante.
Ero malato e mi avete visitato ci dice Gesù in Mt 25, per questo noi piccoli fratelli cerchiamo di non delegare ad altri questo ministero. Entrare nelle case degli ammalati è sempre fonte di gioia e pace…devo dire che anche in situazioni difficili sono sempre stato accolto bene e che forse le remore venivano più dalla mia timidezza che da altri fattori. Ricordo sempre, a titolo di esempio, che all’inizio del mio ministero presbiterale visitavo spesso una famiglia composta da una mamma molto anziana e da un figlio cinquantenne con un tumore al cervello; portavo la comunione alla mamma ma non avevo avuto mai il coraggio di proporlo al figlio con il quale invece chiacchieravo del più e del meno oppure giocavo a briscola….finchè la donna che faceva le pulizie mi disse: “guarda che Elio vuole fare la comunione…ma se tu non ti muovi non te lo chiederà mai”. Tante volte siamo noi che ci inventiamo dei blocchi in chi ci sta di fronte (almeno spesso a me è capitato così)…e io che volevo rispettare i tempi della fede di Elio e ci giocavo a carte sono stato superato da chi invece andava a casa sua per fare le pulizie (ma anche questo è evangelico).
È bello notare l’attesa della visita…che certamente è attesa di ricevere il Corpo di Cristo…ma umanamente bisogna riconoscere che è anche attesa del “prete” con il quale fare due chiacchiere. Te ne accorgi se per caso posticipi o salti un appuntamento: “come mai non sei venuto? Stavi male? Ti sei scordato?”. Ma te ne accorgi anche perchè magari trovi la macchinetta per il caffè già pronta sul fornello e sulla tavola una tovaglietta con la candela e magari la foto dei defunti, pronta per accogliere la teca con le ostie consacrate.
È certamente anche un modo per far sentire che anche chi e malato appartiene alla comunità parrocchiale e infatti spesso devi fare un po’ il telegiornale o meglio il telemensile della vita della stessa.
Ad un livello più elevato c’è evidentemente il fatto di fare una processione eucaristica per le strade della Parrocchia unitamente a quello di portare Gesù a casa di chi non lo può ricevere in Chiesa.
Spesso girando per strada con la teca del Santissimo Sacramento mi sento con gli stessi sentimenti di frere Charles che voleva portare il tabernacolo tra i Tuareg per portarci Gesù!! E mi dico che quella passeggiata di Gesù tra le case della parrocchia è una visita a quel 90% (e sono ottimista) di parrocchiani che non viene in Chiesa. Certo poi mi sento ridicolo a paragonarmi a frere Charles…però mi ricapita ancora!
Entrando poi nelle case, pregando con gli ammalati e dando loro il Corpo di Cristo sento ovviamente ancor di più la grandezza di questo ministero. Spesso sono anziani abituati a ricevere con frequenza la Comunione e quindi sono pieni di gratitudine al Signore per questa possibilità di farlo a casa ora che non possono muoversi. A volte sono persone incoscienti (perchè malate di Alzaimer ad esempio) ma che erano abituate a fare la Comunione e così ne ricevono un frammento in un cucchiaino. Una volta il figlio di una signora mi chiese il perchè mi ostinassi a far fare la comunione alla mamma che non capiva…ma aldilà del fatto che la moglie l’avrebbe volentieri picchiato, gli risposi che se sua madre riceveva abitualmente il corpo di Cristo prima, poteva continuare anche ora se non altro perchè questo fatto del capire credo che sia una fissa di noi occidentali (che poi non ci capiamo niente neanche noi che pensiamo di capire…è solo questione di fede) e la Comunione è un gesto materiale di vicinanza di Gesù. Come se uno dicesse che visto che la mamma non lo riconosce più non vale la pena darle un bacio o farle una carezza!!
Insomma un gesto semplice ma carico di significati che Gesù ci dona la grazia di compiere e del quale non finiremo mai di penetrare il senso e soprattutto del quale non saremo mai capaci di rendere grazie in modo pieno.
fratel Gabriele